1999 febbraio 1 Oliviero Toscani e/o il colpo di mona

1999 febbraio 1 – Oliviero Toscani e/o il colpo di mona

Ascoltato dal nostro giornale, il fotografo globale Oliviero Toscani se la prende con Treviso sul
tema dell’immigrazione. Lui trova che la città abbonda di “ricchezza & ignoranza”, e conclude:”
Più che di razzismo parlerei di imbecillità diffusa”.

Reazione numero 1. Chissenefrega? Un’opinione vale un’altra. E poi lo stesso Toscani ha scritto
qualche anno fa: “ Non si può piacere a tutti”. Appunto.

Reazione numero 2 . Un giorno Andrea Barbato, lo ricordate?, scrisse sull’Espresso:” Se Toscani
almeno si limitasse a fotografare quando teorizza, fa rabbrividire”. Sergio Saviane, che lo conosce
come le sue tasche, ha aggiunto di lui nel libro Il miliardario (Marsilio editore): “ Oliviero Toscani,
un vulcanico creativo che ha fatto fortuna con le idee, ma incapace di controllare il suo istinto, i
suoi inarrestabili colpi di mona o amnesie”. Uno più, una meno.

Reazione numero 3. Toscani lavora da più di 15 anni, con piacere non soltanto spirituale, per i
trevigianissimi Benetton. Allora i casi sono due: Anche i suoi datori di lavoro sono “ricchi &
ignoranti” oppure il bersaglio sono “i” trevigiani ma un pezzo di Treviso. O l’uno o l’altro, chiaro?

Onestamente, io trevigiano della Marca gioiosa et amorosa, sinistra Piave per l’esattezza, non me la
sono presa né poco né tanto, anche in omaggio alla precisazione della notizia. Toscani non ha detto:
“ I trevigiani sono eccetera eccetera”. Ha sostenuto invece che “A Treviso abbondano ricchezza e
ignoranza”: Santo Dio, è tutta un’altra cosa, magari da restituire al mittente, quel che vi pare, ma
un’altra cosa. Se Papa Giovanni distingueva tra “peccato” e “peccatore”, qualche distinzione forse
dovremmo adottarla anche noi.

Non per nulla, per completare il pensiero, Toscani aggiunge: “ La cosa che consola è che la
maggioranza dei veneti non è così”. Meno male, adesso si comincia a ragionare sulla realtà. Non
sempre il distinguo è cavilloso: a volte anzi, come in questo caso, diventa necessario.

Tre veneti su quattro, Treviso compresa, considerano l’immigrazione una “risorsa” non una
“minaccia” ( vedi le ricerche del professor Diamanti, di Bruno Anastasia, delle associazioni
imprenditoriali e sindacali). Nella graduatoria di questa paura, il Veneto sta sotto la media
nazionale, e ben l’85% dei giovanissimi non teme il futuro. “Ignorante” è chi non sa.

A Vicenza sono presenti 134 nazionalità; ad Arzignano, capitale delle concerie, un assessorato si
occupa soltanto di immigrati. Se la crescita zero spinge il Veneto a chiudere scuole e classi, in
compenso arriva gente nuova, che lavora, paga le tasse, impara persino il dialetto, manda i figli a
studiare, cittadini italiani a pieno titolo. Ci sono già extracomunitari che diventano imprenditori!
Bello no? Un fenomeno così veneto, così integrato.

Il fatto è che si tende a fare di ogni razzismo un fascio, infilando sotto la sua etichetta una montagna
di materiali di altro genere. Come, ad esempio, il bisogno di sicurezza, la s-compo-sizione sociale,
lo choc identitario, la sfiducia nello Stato, l’inquietudine del cambiamento sottolineata dal professor
Rullani.

E’ “razzismo” questo? Ma andate a scopare il mare. Quando c’è questo non è. Il luogo comune è il
volto bonaccione dell’ignoranza.

Soprattutto nel Vento, dove il lavoro è la carta d’identità e dove la piena occupazione una conquista
recente, l’immigrato che lavora non ha problemi, quello che non lavora li ha tutti. Soltanto il lavoro

annulla in un colpo solo la clandestinità, cioè l’estraneità, la minaccia, lo stesso “razzismo” sotto
mentite spoglie.

Il lavoro e i servizi sono “l’unica solidarietà che migliora il mondo”.