1999 Agosto 3 Del Piero e Schumi

1999 Agosto 3 – Vita da idoli

Del Piero/1
Amate i merletti di Burano? Vi mette allegria il prosecco ? Preferite i pittori impressionisti? Se si,
guardatevi appena potete Alessandro del Piero, professione calciatore, di scuola veneta,
specialista in gol o assist, che consiste nel mandare in gol un compagno con l’ultimo passaggio.
A quei livelli, alla Ronaldo, il gol è tutto. Come lo sternuto o l’orgasmo , è probabile che per una
frazione di secondo anche il gol faccia perdere il controllo di sé.
L’ultimo passaggio invece è la versione moderna del mantello di San Martino di Tours, che ne donò
la metà a un poveretto pieno di freddo. L’assist rappresenta il gioco di squadra, un antidoto
all’egoismo.
Segnare è una goduria fisica. Far segnare un piacere della mente.
Un giorno Del Piero, che costa un miliardo a capello, fece crack al ginocchio, nove mesi da penare.
Adesso ci riprova ed è subito ricamo, bollicine, pennellate degne di Cèzanne. Un prato di calcio
come una tela “en plein air”.
Gianni Brera, penso, lo definirebbe “veneziano”. Eh, lo so bene che cito spesso Giuanbrerafucarlo,
come firmava a volte, ma che ci posso fare se era lui il migliore del secolo?
Ho rivisto Del Piero eseguire così. Finta morbida con il corpo, carezza fintata di sinistro: due gesti,
pallone nemmeno toccato. Poi, allungo con l’interno del piede destro, meglio di una mazza da golf,
controllo di sinistro lungo la linea di gesso a fondo campo. Qui, l’ultimo tocco di esterno destro a
dettare il gol al compagno, come una maestra elementare scandisce l’abc.
Così è tornato del Piero, di Conegliano, classe 1974. Un’annata buona il ’74 in Europa: quella dei
Beckenbauer e dei Cruyff. Il meglio che mi capitò di vedere allora.
Schumacher/2
Carte in tavola. Non ho mai sopportato Michael Schumacher, il numero uno della Ferrari. Chi,
come me, ha amato Senna, mi capisce al volo: come passare dalla bossa nova alla musica
dodecafonica. Un grande manico, ma non di simpatia, né in corsa né fuori. Ciò non toglie che quel
che capita a Schumacher appartenga al (mal) costume non alla Formula uno. Mollare chi cade e
affollare il carro del vincitore, è una vocazione più viva che mai.
Fino all’altro ieri, era “il pilota”, non un pilota .Nessuno come lui, uber alles, lui faceva la
differenza, lui l’uomo- motore. Si diceva che, per quanto lo coprisse di marchi tedeschi, la Ferrari
avrebbe dovuto a Schumacher eterna gratitudine, in officine e al volante. Poteva guidare lo Shuttle
o la Mir Russa!
L’allegrone Irvine passava per un secondo, a vita, trattato dalla critica come un terzo, quarto,
quinto. Uno dei tanti.
Da quando, rischiando l’osso del collo, ha un ferro di trenta centimetri nella tibia e un taglio lungo
una spanna nel piede dell’acceleratore, Schumacher ha perso contatto con i fabbricanti di idoli.
Doppiato.
Doppiato non da Hakkinen, bravo quanto lui e più di lui oltre che leale come una betulla
finlandese. No, no, doppiato fra osanna mediatici dal suo secondo e dal suo terzo, da Irvine e da
Salo, al cui confronto il povero Schumi sembra adesso un pilota di Go-kart. Lui rotto, gli altri sono
diventati tutti fenomeni, compreso l’usciere di Maranello! Prima o poi lo diranno: era Schumi il
tappo della Ferrari.

Non ho mai perdonato a Schumacher le traiettorie da pirata su Hill e su Villeneuve, e sono
convinto che pur di vincere avrebbe speronato anche Madre Teresa di Calcutta. Ma adesso cambia
tutto, e comincio a nutrire per lui una robusta simpatia.
Non pensavo di arrivare a tanto, ma spero di cuore che Michael Schumacher, con quel sorrisetto al
cianuro, torni presto a Maranello, in tempo per rimetterli tutti in riga. A cominciare dai telecronisti
Rai, passando per i box e senza dimenticare l’usciere.
Se non si vendica, che idolo sarebbe?