1984 ottobre 31 L’assassinio di Popieluszko

1984 ottobre 31 – L’assassinio di Popieluszko

Non c’è più spazio per le bugie: hanno trovato il cadavere di Wladislaw Popieluszko, l’abate polacco
cresciuto come cappellano nella più grande acciaieria di Varsavia.
Non hanno massacrato un prete; hanno tentato di uccidere una voce, sbagliando il conto perché nessuna
voce si leva tanto alta quanto quella dei martiri. Anche oggi, alle soglie del Duemila, la Chiesa è capace
di creare martiri, in Polonia o in Sudamerica, braccata da aguzzini dello Stato comunista o dai plotoni
della morte, dovunque il valore laico della libertà venga assunto come parola di Dio.
Pochi delitti politici appaiono altrettanto lugubri. L’assassinio del prete di Solidarnosc non è una
provocazione: è la testimonianza di una sconfitta e di una paura. L’apparato dello Stato comunista può
resistere a tutto fuorché alle idee soprattutto quando, come in Polonia, la loro radice è popolare.
La chiamano una degenerazione del Sistema, ma questo è il Sistema, che arriva al delitto o ai manicomi
di Stato o ai Gulag o alle segregazioni o agli esìli quando la libertà s’infila come un vento nelle crepe
anche minuscole dei suoi muri, visibili a Berlino, altrettanto compatti lungo le frontiere dell’Impero del
«Comunismo reale». Non è un peccato del Sistema, una sua deplorevole trasgressione; piuttosto il suo
destino. Il «Dio che è fallito» ha colpito ancora; dopo quarant’anni di regime ha fatto proprio soltanto il
Potere.
Con le sue bandiere di speranza, con le sue illusioni, con le sue normalizzazioni, con i suoi struggenti
equilibri, la Polonia è un simbolo tragico. La tragedia dell’impotenza, di una primavera
ineluttabilmente destinata ad abortire perché nessun Sistema di oppressione può rischiare di convivere
con la libertà.
L’abate Popieluszko è la ferita del mondo.

31 ottobre 1984