1970 settembre 14 Risolve Zandoli a 100″ dalla fine

1970 settembre 14 (Il Gazzettino)

Serie C: avvio vincente dei biancoscudati

Risolve Zandoli a 100” dalla fine

Superiorità fisica alla distanza e voglia di vincere – Un palo colpito da Boscolo

Padova-Solbiatese 1-0

MARCATORE: 2t. 43′ Zandoli.
PADOVA: Galassi, Furlan. Marin, Panisi, Chiodi, Gatti, Barbierato, Boscolo, Zandoli, Fraschini,

Filippi.

SOLBIATESE: Borghesi, Rossi, Barbaresi, Boni, Fiorin, Crespi, Beatrice, Brusadelli, Centazzo,

Rampanti (dal 3′ del 2t. Bellotto). Musa.

ARBITRO: Schena.
NOTE: giornata perfetta. Spettatori paganti 2.936; incasso 2.762.700. In tribuna, Italo Allodi.

DAL NOSTRO INVIATO
Padova, 13 settembre
Dieci minuti prima della partita, la squadra di Lovato & Cardin ha ricevuto la stretta di mano del
personaggio più autorevole dello sport padovano: Ivone Grassetto. Grassetto è entrato nello
spogliatoio del Padova; ha salutato ad uno ad uno giocatori e allenatore. Incontrando Filippi, gonfio
di capelli fino alle spalle, gli ha detto: « Per giocare non servono, se li tagli ». Uscito con Cardin, ha
raggiunto la tribuna centrale. Una presenza non abituale per il battesimo di campionato, per una
vittoria che il Padova ha maturato nel secondo tempo e che ha realizzato a due minuti scarsi dalla
fine del match.

Una partita strana. La Solbiatese, per almeno 45′, ha giocato nel deserto: come se non avesse
antitesi. Giocava lineare e soprattutto applicando lo smarcamento. Quando un centrocampista o un
difensore scattavano in avanti, una punta andava ad offrirsi di spalla, mentre le altre scattavano a
cercare la posizione giusta per un passaggio profondo o un cross.

Si sono viste azioni degne di tal nome. La mano di Molina (l’allenatore che non avrebbe mai
dovuto lasciare la panchina del Treviso…) era perfettamente riconoscibile in schemi puliti e
intelligenti. Il Padova, senza la materia grigia di Fraschini (atleticamente un po’ depresso), viveva al
« minuto », senza un gioco preciso. Un pirotecnico dribbling di Filippi; uno sganciamento di Marin;
lo scatto da mezza punta di Boscolo: dei flash, insomma, ma non una squadra.

Il Padova procurava brividi acuti anche in difesa. Se stai a cercare il colpevole, non lo trovi. Ma
ti accorgi che le distanze tra difensore e difensore sono eccessive. Il controllo al centro non
rigoroso. Non ritrovi insomma il blocco, ma un gruppo di amici che giocano a zona. Con queste
premesse, l’ottimismo appariva sempre più pallido.

E’ successo invece qualcosa: e questo qualcosa ha spostato le sensazioni a prima vista logiche.

La condizione atletica, la tenuta. Il Padova ha cominciato a scattare nel secondo tempo, quando le
maglie della Solbiatese apparivano sempre più imbottite di sudore: il lungo possesso del gioco nel
primo tempo aveva cancellato molte energie nella squadra di Molina. L’unico alibi serio in questo
senso appariva l’infortunio a Rampanti, sostituito in maniera troppo approssimativa e discontinua
dal giovane Bellotto, acquistato quest’anno dal Giorgione di Castelfranco.

Partita strana, discontinua, ma vera nel risultato. Il gol a due minuti dalla fine condensa altre
lampanti palle-gol; testimonia superiorità fisica alla distanza; testimonia anche la voglia di vincere
del Padova.

Mentre uscivo dallo stadio ho sentito un giocatore della Solbiatese dire allo spettacolare portiere
Borghesi: « Dovevamo tenere la palla oramai, invece di tentare ancora il gol ». In realtà il giocatore
raccontava un’inesattezza. Per quasi l’intero secondo tempo, la Solbiatese aveva infatti pensato
soltanto al pareggio, al punto in trasferta, a difendere lo zero a zero. Il forcing del Padova (che
Rocco definirebbe « patriottico ») aveva intaccato forte le riserve d’ossigeno degli avversari.

Leggo le note, quelle che offrono la concretezza della partita. Nel primo tempo, nonostante il
disagio forte della squadra, Boscolo aveva calciato una palla-col sul portiere e aveva spiluccato sul
rimbalzo il palo. Nella ripresa, Boscolo aveva calciato ancora nello specchio di Borghesi,
prontissimo nell’intervento. Proprio in questa circostanza uno spettatore della tribuna si rivolse a
Italo Allodi dicendogli: « Vi basterebbe uno di questi due portieri al posto di Tancredi per vincere
lo scudetto ».

Il portiere della Solbiatese cancellava subito dopo, in quattro minuti dal 31’ al 35’, altri due
match-ball di Fraschini e di Filippi: il primo da fuori area, il secondo da corta distanza, dopo abile
finta centrale di Zandoli. La rete decisiva del centravanti del Padova (anzi mezzo della Juve)
condensava perciò una pericolosità precisa, netta, costruita magari in caos, ma costruita, autentica.

Mancavano cento secondi alla fine del match. Fraschini, il cervello, tocca in area per Filippi,
sulla destra: il portiere urla all’offside che, dalla tribuna, non mi risulta minimamente. Filippi alza e
incoccia il corpo del portiere; il pallone esce deviato da Zandoli: destro senza pause; sulla linea
respinge il mediano Boni (una rivelazione, dicono, che oggi però non ho vista): riprende Zandoli
che, a porta sempre semiabbandonata, scaraventa dentro ancora di destro.

Al Padova non va addebitato un furto. Risultato onesto per una squadra che possiede ancora

problemi, ma che ha dimostrato di non essere, come qualcuno mi aveva suggerito, tabula rasa.

Le pagelle dei Biancoscudati
Galassi e Boscolo i migliori

CALASSI 7 — La palla-gol più difficile gliel’ha piazzata il terzino sinistro Marin, con un colpo
di testa all’indietro, appena sotto la traversa: nonostante la sorpresa e il sole negli occhi, Galassi è
scattato felino sulle reni. Come, dopo 13′, su tiro-cross obliquo di Brusadelli. Nel secondo tempo,
piacevole ozio.

FURLAN 6 — Marcava Musa, una piccola ala sinistra. Per 20′ il terzino non ha intercettato una
volta: il dribbling lo pativa sempre. Musa pareva un Garrincha in incubatrice. Furlan ha intuito le
distanze giuste soltanto in progressione.

MARIN 6 — Gli è toccato un’ala-finta, Beatrice: solido e tutt’altro che poetico. Il terzino ha
avuto perciò molte chances per giocare in attacco, ma difensori che sappiano mantenere idee sugli
sganciamenti il Padova (eccetto, qualche volta, Panisi) non ne possiede.

PANISI 6 — Giochino di copertura a metà campo, centralmente. Lo ricordavo specialista sulle

fasce laterali: ora la posizione sembra diversa. Attacca meno e copre di più.

CHIODI 6 — Realizza raramente un tackle duro, di assoluta rottura. Non sembra possedere per
istinto il senso del « posto giusto ». Ma tutta la difesa, abbondantemente in rodaggio come blocco, è
fatta apposta per mettere in evidenza le lacune di un libero. Questo mi pare un alibi.

GATTI 6 — Stopper e, abbastanza di frequente, in scambio di posizione con Chiodi. Standard di

nobile quercia. Ma che non esca con velleità offensive. Sembra più « libero » di Chiodi.

BARBIERATO 6 — Ignorato per almeno 45′: e la ragione c’è. Fraschini, che di lanci veri se ne
intende, possedeva solo intenzioni. Barbierato ha lottato di grinta e scatto nell’ultima mezza ora. Al
67′ gli ricordo un ottimo cross per Boscolo.

BOSCOLO 7 — Due conclusioni sensazionali: al 29′ sinistro rabbioso, respinta del portiere, tiro-
bis, palo. Al 67′ su cross di Barbierato, calcia rapido e secco; il portiere intercetta da campione in
uscita (Italo Allodi commenta: « Con un attimo di calma in più, era gol sicuro »). Oltre alle
conclusioni, buon ritmo per almeno 70′.

ZANDOLI 6 — Gli stava addosso Fiorin, stopper robusto e a marcatura strettissima. Zandoli mi
è parso magro, fin troppo tirato fisicamente. Nonostante le pause, ha partecipato con coraggio al
forcing della squadra. Sul gol, pronto di riflessi e goleador « vecchia maniera », prepotente.

FRASCHINI 6 — La sufficienza appare valutazione larga, di « simpatia » per il regista. Al 76′
ha calciato uno shoot tremendo da fuori area, deviato dal portiere Borghesi con uno stacco alla
Gordon Banks. Di Fraschini è mancato però il piede-guida per un attacco di boys, un certo ritmo sia
pure passeggiato. Non il « vero Fraschini », insomma, come ha commentato Giuseppe Cardin.

FILIPPI 6 — Inserito in decine di azioni, ma troppo spesso in colossale confusione. Rissoso
pure, tanto che (fossi in lui) non giocherei la partita di ritorno a Solbiate. Il match-ball, e qualche
altra notevole conclusione, sono comunque partiti dalla micro-ala sinistra.