1970 giugno 15 E adesso sotto con il Brasile

1970 giugno 15 – E adesso sotto con il Brasile

Yamasaki, arbitro nippo-peruviano-messicano, concede qualche chance ( veniale) al deutsch, per
non farsi fischiare dal pubblico: Yamasaki è professionista in messico, come Di Leo. Il primo tempo
chiude liscio.
Per Mazzola, la partita finisce prima di…cominciare.
Qualche minuto con squadre in campo senza Mazzola e Rivera. Giallo nello spogliatoio? No,
Rivera ha ritardato per una banale sostituzione di sopratacchetti. Mazzola esce in tuta, pallido,
immusonito, con passo lentissimo e va in panchina. Disciplina che lo onora. Rivera piazza tre-
quattro scatti e accusa crampi allo stomaco.
Inesistente per 30 minuti: i minuti di Beckenbauer, liberato tra Bertini e De Sisti.
Subito una capocciata di Riva su cross di Domingo da destra. Poi, la palla del 2-0: Rivera smarcato
al centro, conosce flessione colpevole e calcia con il telefono. Da questo momento, il gioco passa
mano nettamente.
Tallone teutonico senza pause. Nel “ Blitz-Krieg ” scatenato ad un livello tecnico-atletico
eccezionale, segnalo solo i contorni grossolani: errore di Bertini sul disimpegno, Grabowski-cross,
Overath Nibelungico sobbalza la traversa. Beckenbauer fiuta, sullo scatto, l’area di rigore
cancellando in dribbling due difensori: Cera lo aggancia ( è il 65′) aprendogli fra l’ altro violento
trauma alla spalla destra, sul contraccolpo a terra. Fallo almeno mezzo metro dentro l’area: l’arbitro
retrocede al limite, negando il penalty, secondo consuetudine non oltraggiosa.
Un minuto dopo, il ct Schoen sconvolge letteralmente l’equilibrio tattico della partita: toglie il
terzino Patkze inserendo Held. Da questo preciso momento, la Germania attacca con due
centravanti ( Mueller e Seeler) con…tre ali ( Grabowski, Held e Libuda, che ha sostituito Loehr) e
due interni di punta ( Overath e Beckenbauer) l’Italia incupisce in difesa del gol di Boninsegna.
Stasera al Maria Isabel, Nicola Pietrangeli sostiene: “ Non dovevano chiudersi tanto in difesa! ” era
la Germania, in quel momento a produrre calcio migliore, più efficace.
La Germania, una opulenta Germania, non El Salvador.
Aggressività teutonica. E opportunismo azzurro non originale del resto: leggi Inter e Milan di
coppacampioni. Ricordate Liverpool o Glasgow? Obbligatorio ricordare: sennò è malafede.
La Germania lievita forcing contrastato fuori area da Boninsegna Domingo e De Sisti: Riva, finora,
opalescente, quasi striminzito. Rivera “ muy malo ”, esclamano gli sbalorditi messicani. Succede di
tutto in area azzurra. Grabowski calcia tagliato da sinistra: Rosato, lo stopper di gomma, libera sulla
linea con acrobazia da circo equestre, a due metri da terra. Domingo pratica “ via crucis ”, costretto
a fare il terzino sull’ “ ala in più ” Grabowski, poi a dettare il disimpegno a centrocampo e scattare
sulla zona destra dell’attacco.
– Domingooo, sei stanco, vuoi uscire?
– Nooo!
E accompagna la risposta con un gesto di stizza come offeso. Onestamente, pensai a Juliano o
Poletti, dal momento che Furino non stava in panchina. Schoen, alla conferenza stampa parlerà di
“partita drammatica ” verità Kantiana. Albertosi alza gli occhi al tabellone elettronico che segnala il
tempo. Nemmeno sei minuti allo stop. Nervi sopra la pelle, quasi autogol del portiere. Crolli
mimetici, per rubare attimi da…finale di coppa Rimet ’70. L’arbitro apre il recupero. La Germania
stilla l’ultimo ossigeno.
Dopo 15 secondi Seeler, schiaccia di testa a terra sul rimbalzo-gol, Albertosi ribatte in corner con
colpo di reni storico. Seeler strappa i rari capelli. L’arbitro controlla il cronometro: stiamo tutti in
piedi. E’ il 91 e 47 secondi: Held mette al centro come un lampo, stanno tutti marcati, fuorchè Herr
Heinz Schnellinger ( sono venuto su solo per istinto) che scatta per l’impatto in spaccata, di piatto
destro.
Pareggio, tempi supplementari. Un incubo.
Proprio tu? ”.
Valcareggi sfiora pazzia da Ofelia. Raccoglie uno stoppino di speranza e va a centrocampo dove

stanno ammucchiati, per breve intervallo, i giocatori.
Esce Rosato, per precauzione, dopo una leggera storta al ginocchio. Lo sostituisce Poletti, il
giocatore meno concentrato del 22: autografi, piscina e sorrisi. Non gli riesce un takle che sia uno. E
fu subito autorete.
Sta in vantaggio netto su Mueller ma folleggia in area.
Tenta il passaggio al portiere. Mueller gli ruba il tocco: Poletti sfiora l’ultima volta sbilanciando
definitivamente Albertosi. I tedeschi hanno recuperato tutto: 2-1.
Nei supplementari, la tecnica si oscura e sparisce attimo dietro attimo. Marcature smagliate, schemi
stravolti dalla fatica. Ora conta la condizione fisica e la condizione di “ uomini ”: sul 2-1 i tedeschi
presumono di sé.
Dice Rocco: “ Invece di tirarsi indietro a difendere il risultato con le ultime briciole di energia,
hanno attaccato ancora da veri polli ”. E Schnellinger, nello spogliatoio, senza aver visto Rocco,
aggiunge: “ In Italia, non avremmo più perduto la partita ”.
Beckenbauer porta una fasciatura strettissima che gli raccoglie il braccio destro al petto in attesa
delle radiografie all’ospedale di Puebla. Sul campo, tensione enorme. I messicani seppelliscono le
flebili voci italiane con un casalingo “ Alemana ra-ra-ra ”.
Riva ottiene calcio di punizione. Rivera che ora cresce rapidamente, alla battuta.
Burgnich s’è piazzato in area, centravanti. Servizio di Rivera: un tedesco smorza di petto in piena
area: il vecchio Tarcisio, con calma tutta friulana, sventaglia il sinistro. Due a due, il pubblico
appare perplesso. Comincia a scoprire gli italianuzzi. I tedeschi si muovono sempre meno. Soldati
di piombo, eccetto Libuda e Held. Hanno nei muscoli anche i supplementari anti-Inghilterra.
Poi – dice Schnellinger – il viaggio a Puebla, le ore di visita alla Volkswagen: logisticamente
abbiamo sbagliato tutto ”.
Manca un minuto alla fine del primo tempo supplementare. Domingo corre con le stampelle; la sua
è oramai inerzia pura, sonnambulismo atletico. Crossa a Riva. L’enigmatico Gigi-Mexico finta
Schnellinger si apre a sinistra e batte il tipico diagonale – gol a fil di palo “ in campionato ” –
commenta Rocco – se lo lasci calciare da quella posizione, segna 8 volte su 10. L’Italia, terra di
poeti e cuori infranti, ha recuperato due gol alla Germania dei Sigfrido. Mancano gli ultimi 15
minuti.
Albertosi non nasconde nervosismo, ma annulla ancora una volta Seeler di testa. Minuto epico sul
corner: Uwe Seeler anni 33, si inarca con la fronte pelata, serve Mueller smarcato a tre metri dalla
porta: deviazione di testa, 3-3. Il pallone è passato tra il fianco sinistro di Rivera e il palo. In uno
spazio di pochi centimetri.
Disperazione sottile, l’ incertezza del sorteggio. Ma non è finita. I tedeschi ora paiono piantati, con
le gambe come robuste radici. Rolly Marchi mi ha detto venti giorni fa: “ Per il titolo del mio libro
fotografico sui mondiali, vorrei fare…questi favolosi azzurri. Che ne dici? ”. Non esiste titolo più
vero: i favolosi azzurri li abbiamo tutti davanti agli occhi, li, in campo. Boninsegna, Domingo,
Cera, De Sisti, Burgnich, Albertosi. Ed ora pure Rivera. Quando la monetina è vicina, Boninsegna
scatta, dribbla e crossa al centro, da sinistra, Riva non tocca perchè troppo avanti. Rivera in
posizione di centravanti: al volo, di piatto, impassibile, 4-3. Chiedo a Rivera, così, non so nemmeno
perchè: “ Con quale piede hai segnato, il destro? “ No ” risponde: “ No, no il sinistro ”. Ricontrollo
alla sera il replay in sala-stampa. Nessun dubbio di destro. Rivera il freddo, l’intellettuale, ha perso
la memoria al 114′ minuto. Non esiste sintomo più significativo.
120 minuti, 20 secondi ancora di recupero. Ora è finita questa partita-droga senza aggettivi, senza
proporzioni, senza statistiche, cinque gol nei supplementari. Otto reti dell’Italia nelle ultime due
partite mondiali. Le mani sudate dall’emozione. Ci si abbraccia tra italiani, quasi meccanicamente,
perchè svuotati fino al midollo da un match che, sul piano emozionale, ti ha succhiato tutto.
Mi restano ora nel cervello due immagini: allo Estadio Azteca, Boninsegna disteso per terra, la
pancia sull’erba le braccia aperte come un airone. Rimasto così per almeno quattro minuti, finchè
qualcuno non l’ha sollevato.
Più tardi, alla tv da Guadalajara, Joirzinho: subito dopo il suo stupendo gol, è corso verso il centro
del campo, si è inginocchiato ed ha segnato sul petto la croce.

Una sottile, una nobiltà comune ha preparato per domenica la finale delle finali.
Il football ha esaltato, più che il giocatore, l’ “ uomo ”.
Perciò Gigi Riva ha detto più tardi: “ Questa partita la racconteremo a figli e nipoti ”.
Una partita che stavamo per vincere “ all’ italiana ”: gol, difesa e contropiede. Un risultato che molti
avrebbero chiamato furto. Schnellinger, il tedesco del Milan, ha fatto un grande regalo:
costringendoci ai supplementari, ci ha dato l’occasione per meritare tutto in un match di cavalleresca
bellezza.
I tedeschi hanno reso onore totale alla nostra vittoria, rendendo onore a loro stessi.
Tra li Italia e la Germania non è passata, infatti, la differenza di solo un gol, per il risultato, ma a
vincere, sono stati in molti. Tutti.