1999 aprile 18 Referendum. Un piccolissimo obolo per cambiare la politica

1999 aprile 18 – Referendum – Un piccolissimo obolo per cambiare la politica

Si, oggi andrò a votare con qualsiasi tempo, e voterò si. Non credo sia il D.Day per l’Italia, né mi
sento il soldato Ryan che sbarca sulla spiaggia dei partiti, ma nutro la speranziella che il mio
piccolo obolo elettorale serva a migliorare un pezzo di politica. Tutto qua, però importante. La
democrazia è un gioco di pazienza in cui ogni tessera conta e fa regola.
Nelle ultime ore, confesso di aver anche un conto personale da regolare in cabina con l’onorevole
Dario Franceschini, che del Partito Popolare ( Ppi) dev’essere un pezzo grosso, e con il senatore
Domenico Contestabile, vice presidente del Senato non un pinco pallino, uno di quei dirigenti di
Forza Italia che si sono schierati per il no. Entrambi servono magnificamente a illustrare il livello
degli argomenti raggiunto dalla campagna contro il “si” al referendum.
Vediamo. L’occhiuto Franceschini ha un’idea fissa: “Il quesito del referendum è davvero
incomprensibile, basti pensare che per leggerlo tutto, sulla scheda, occorrono più di 15 minuti”.
Dal che si ricava che è stato l’unico in Italia a leggerselo mentre il 75% degli Italiani, pur non
avendolo letto, dichiara di aver compreso che cosa si vota oggi (ultimo sondaggio del professor
Mannheimer).
Ora, se l’onorevole Franceschini ha bisogno di sorbirsi 15 minuti di formule e commi per afferrare
di cosa stiamo discutendo con il “si” o il “no”, questo è un limite tutto suo, del quale fortunatamente
non soffre il 75% degli italiani. Ma l’aspetto politicamente più scandaloso consiste nel fatto che la
formulazione di un quesito semplicissimo non dipende affatto dai referendari, ma dai partiti come il
suo.
L’articolo 75 della Costituzione dice: “La legge determina le modalità di attuazione del
referendum”.
Le leggi le fa il Parlamento; se vuole, il Parlamento fa quel che gli pare e “attua”la Costituzione
semplificando in due-righe-due i quesito di questo o quel referendum. I partiti cosa aspettano a
rendere le schede meno illeggibili, i “740” meno “lunari”, e via elencando a iosa? Il Parlamento è
tutto loro.
La dilagante incomprensibilità dei testi di legge, come dei quesiti referendari, dipende soltanto dai
Franceschini di turno, fra l’altro in un partito di maggioranza e di governo. Loro hanno il potere
legislativo di evitare letture contronatura, non i cittadini che subiscono piccole e grandi angherie: i
referendum altro non sono che la disperante certificazione di tanta inefficienza.
Ma questo è anche il nocciolo del referendum di oggi. Chi andrà a votare, sfuggendo allo
scetticismo di massa; chi voterà “si”, sconfiggendo i tutori del comodo status quo, spera più che
altro di riaccendere il riformismo. Ossia, tenta di spingere il Parlamento più conservatore d’ Europa
a darsi uno scossone maggioritario. Se passa il “quorum”, se cioè voterà il 50% più uno degli aventi
diritto al voto, è l’idea della picconata che ripassa, non un distinguo da tecnici sui meccanismi della
legge elettorale. Tra una lettura e l’altra, l’onorevole Franceschini si è distratto, e la cosa gli è
sfuggita; non solo a lui, purtroppo.
Ma il senatore Contestabile si è superato, affermando: “Non è necessario andare al mare, si può
anche andare in montagna, al lago oppure restarsene a casa”.
A parte il fatto che Woody Allen si nasce, non si diventa, questo sarebbe il vicepresidente
delSenato, nostra Camera alta, luogo istituzionale per antonomasia, assemblea cui si può essere
eletti soltanto avendo compiuto 40 anni nel nome di una “maggiore ponderatezza”, dissero i pari
costituenti.
Nel tentativo, peraltro miseramente fallito, di fare lo spiritoso, il senatore Contestabile, come i tanti
Paissan, Bossi e altri statisti, avvalla un qualunquismo nuovo di zecca.
Che viene non più dalla “gente”, dal basso, ma dalle stesse “istituzioni”, dall’alto!
Ci vuole un po’ di cuore politico per fare oggi questo sospiratissimo “quorum”, e anche un po’ di

testa.
Fateci caso. Alle elezioni, che sono tutte dei partiti, nessun partito predica mai l’astensionismo, anzi
tutti lo temono e lo bollano. Ai referendum, che sono tutti dei cittadini a suon di firme e di comitati,
più di un partito predica il boicottaggio. Ci sarà una ragione. Ma, forse, anche questa sfugge alle
letture dei Franceschini e allo humor dei Contestabile. Meglio chiarirla con un “si”, qualunque sia
l’esito alle 22 di stasera.

18 aprile 1999