1991 luglio 21 Se muore la politica

Testata: GAZZETTINO
Edizione: PG
Pagina: 1
Data: 21/07/1991
Autore: Giorgio Lago
Tipo:
Argomento: RIFORME ISTITUZIONALI, POLITICA
Persone:
Didascalia:
Descrizione:
Titolo: SE MUORE LA POLITICA
di Giorgio Lago

È imminente il dibattito sul messaggio di Cossiga alle Camere; i partiti si dividono sui sistemi
elettorali; oramai non si discute d’altro che di riformare le Istituzioni. Non esiste quasi più la normale
amministrazione, ogni problema viene rimandato all’emergenza: una scabbia della quale lo Stato o
guarirà o impazzirà. Sì, buone Istituzioni fanno da premessa a uno Stato che funziona; non sono un
corpo avulso dalle aspettative dei cittadini. Se un miliardario risulta nullatenente, se la scuola aspetta da
decenni l’aggiornamento, se i mezzi di cui dispone la giustizia appaiono «una vergogna totale» allo
stesso Capo di questo Stato, se persiste il saccheggio dell’ambiente, se la criminalità diventa legale
soprattutto nelle periferie, non è che ce la possiamo cavare invocando le privatizzazioni o scaricando
tutto sul mito dell’Europa che incalza. Senza leggi e classe dirigente all’altezza, non si va da nessuna
parte. La pur necessaria riforma delle Istituzioni rischia di diventare un maquillage da spiaggia senza
la rinascita della Politica. Attenzione, un fenomeno questo comune a tutte le società industrializzate,
non soltanto italiano. Si direbbe che il capitalismo esautori la politica, che il benessere instauri
l’economia, che il consumo determini il consenso. Sconfitto dalla Storia nella visione dei processi
rivoluzionari, qui Marx si prende una rivincita con l’intuizione che tutto è sovrastruttura rispetto
all’economia. Proprio nel momento in cui celebrano la fine della sua dottrina, i Paesi liberali registrano
l’attualità di un metodo critico che illumina i meccanismi del potere in democrazia e che tuttavia sa di
doversi rimettere sempre in discussione. Non per nulla Marx avvertiva di non essere marxista! Ma,
particolarmente in una società intricata come la nostra, la centralità dell’economia non supplirà mai la
politica. Che è visione d’assieme, raccordo di interessi generali, ammortizzatore sociale, senza i quali le
istanze dei giovani più esposti alla competizione, degli anziani, dei pensionati, dei nuovi poveri, degli
strati più deboli nel faccia a faccia con il disagio diffuso, non rappresenterebbero alcun fatturato né
voce in bilancio. I grandi scandali, dall’iperproduttivo Giappone all’Inghilterra dei narcobanchieri,
stanno a dimostrare in queste ore che non esistono una economia buona e una politica cattiva o
viceversa. La corruzione ha bisogno di entrambe come su entrambe poggia l’efficienza di uno Stato

moderno. C’è qualcosa di epico in questo doppio destino, dove tutto può degradare nell’affarismo o
esaltarsi nella responsabilità. E pretende il meglio delle energie attorno alla qualità del vivere civile.
No, non è impossibile, non equivale a lottare contro i mulini a vento; è pazientemente possibile. Del
resto, la malinconia di Don Chisciotte faceva un tutt’uno con la sua fierezza; i veri ideali si
accompagnano sempre al senso di un cammino che mai si conclude. Sarà così anche nei confronti
dell’Europa: possiamo aspettarla contemplando i nostri guai o andarle incontro con lo spirito di una
seconda Ricostruzione del nostro Paese. Non illudiamoci che il tenore di vita risolva da solo i problemi,
quando il possesso delle cose genera già infelicità sociale e quando i corporativismi hanno toccato
livelli tali che persino Benito Mussolini avrebbe dubitato della sua capacità di dominarli nel carisma
del Capo. Ritrovare la Politica è cercare il senso di una comunità. Senza sogni, senza rinunce.

luglio 1991