1991 agosto 20 Come depredati

Testata: GAZZETTINO
Edizione: PG
Pagina: 1
Data: 20/08/1991
Autore: Giorgio Lago
Tipo:
Argomento: GORBACIOV MIKHAIL – POLITICO RUSSO
Persone:
Didascalia:
Descrizione:
Titolo: COME DEPREDATI
di Giorgio Lago

Quando il comunismo sovietico liquidava i suoi capi, non c’era folla. Tutto accadeva in un’atmosfera
di congiura tra i boiardi del potere più monolitico del mondo. Oggi c’è gente per le strade di Mosca, le
donne sfidano i carri armati, le ragazze arringano i soldati: è l’ultimo, non il più trascurabile merito di
Mikhail Gorbaciov. Che ha cambiato per sempre la storia e che ha trasformato l’Urss in un grande
laboratorio umano, dove il passato non insegna più nulla e dove il futuro non ha ancora un volto. La
malattia di Gorbaciov è la sua solitudine. Di uomo del cambiamento e del rigetto. Per le contraddizioni
che doveva fatalmente incarnare, Gorbaciov non aveva più alleati; stava sempre a destra o a sinistra di
qualcosa; appariva di volta in volta progressista o conservatore. E i progressisti, che con lui erano
cresciuti, gli perdonavano ogni esitazione assai meno degli stessi conservatori. La storia insegna che
questi ultimi sanno attendere al varco con maggior pazienza dei primi. Gorbaciov ha dato faccia a
un’epoca. Dicono che abbia commesso più di un errore, ma il vero errore è il comunismo: Gorbaciov lo
ha pagato portando sulle spalle il sogno di esorcizzarlo senza traumi. L’eutanasia del comunismo
sarebbe stata impresa da titani. Gorbaciov deve aver vissuto la politica come destino, ineluttabile
soprattutto verso chi fa le rivoluzioni con le cautele della democrazia. In Occidente lo avevamo potuto
comprendere meglio che in Unione Sovietica proprio perché, senza rischio, eravamo spettatori di un
memorabile travaglio. Non che l’Occidente si sia innamorato di Gorbaciov. Risultava lucidamente più
generoso nel soppesarne la portata perché poteva permettersi il lusso di guardare alla prospettiva prima
che all’attualità, alla storia più che alla cronaca, senza soffrire le panetterie vuote, le abitazioni fredde,
le fabbriche improduttive, lo smarrimento di un Paese che sta attraversando il suo Mar Rosso. Se è
vero che più nulla potrà essere uguale, ciò dipende dal fatto che Gorbaciov ha prima interpretato poi
favorito la crisi del sistema comunista. È stato l’uomo della transizione e del caos necessario, dove tutto
portava con sé il fascino e l’angoscia della prima volta: dalle libertà più elementari al mercato, dalla
fine dei gulag all’abbattimento di tanti muri. Il mondo ha goduto di una fortuna impensabile quando i
Walesa, gli Havel, soprattutto i Kohl hanno snobbato le viltà dell’Occidente trasformandosi in velocisti

della storia nel restituire l’Est all’Europa. Ma ora che accade quanto da anni si temeva, sentiamo il
popolo sovietico e noi come depredati di un amico, prima ancora che di un leader, e con lui di
un’illusione. Capiremo presto se, nonostante il suo tramonto, il processo che Mikhail Gorbaciov ha
scatenato in questi anni riuscirà un giorno a restituircela.
agosto 1991