1989 settembre 17 Lettera ad un insegnante

1989 settembre 17 – Lettera a un insegnante
Caro Insegnante, alla metà degli anni 50, concludendo il liceo, immaginai di andare all’università per
diventare professore di Filosofia: era affascinante l’idea socratica di dichiarare di non saper nulla per
ricevere assieme ai giovani la verità, oltre le apparenze. Ma non essendo un tipo tutto d’un pezzo mi
lasciai volentieri consigliare dai genitori i quali, l’uno segretario comunale, l’altro maestra elementare,
di «servitori» dello Stato se ne intendevano. Quello di professore, garantirono, è il lavoro peggio
remunerato. Riflettevo su un ricordo così privato – e me ne scuso – pensando al milione e mezzo di
insegnanti e ai dieci milioni di studenti che domani mattina torneranno a scuola. Più di trent’anni dopo
è cambiato tutto fuorché questo: gli insegnanti sono tutt’ora mal retribuiti e, anzi, assai meno
incentivati; da un lato incalzati da famiglie sempre più esigenti, dall’altro frustrati da uno Stato sempre
più lento. Il nuovo ministro della Pubblica Istruzione Sergio Mattarella ha promesso agli studenti:
«Tranquilli ragazzi, vogliamo far meglio»; fatto sta che molte riforme si trascinano nonostante le buone
intenzioni, come una lingua straniera fin dalle elementari, l’informatica alle medie, l’obbligo di
frequenza fino a 16 anni, l’aggiornamento dei programmi delle superiori e degli esami di maturità
senza uccidere Manzoni in nome dell’analfabetismo modernista e senza estraniare la scuola dalla realtà
del lavoro e della cultura d’oggi. Nel frattempo, non possiamo che sperare nell’Insegnante, proprio nel
senso più letterale e nobile del termine: che offre ai giovani un segno, un’impronta, cioè un indizio e un
presagio del futuro; che contribuisce al bene più prezioso, cioè la conoscenza, la trasmissione del
sapere, il progresso generazionale. Forse è troppo dire vocazione, forse è riduttivo dire mestiere: di
sicuro è una responsabilità di prima grandezza sociale Più che mai quando, come oggi, la rivoluzione
nella famiglia tradizionale carica la scuola di nuovi rischi, a cominciare dall’aggressione dei mercanti
di morte. Un buon insegnamento è sempre una lezione anche civile.
17 settembre 1989