1988 settembre 17 Cossiga a Bolzano
1988 settembre 17 – Cossiga a Bolzano
Era stato consigliato male e aveva sbagliato. Un mese fa, la prudenziale rinuncia di Cossiga ad andare
in vacanza a Merano aveva simbolicamente spogliato lo Stato di fronte alle bombe e alle intimidazioni
degli estremisti sud-tirolesi. Non sempre ciò che può sembrare saggio risulta politicamente efficace.
L’on.  Pellicani,  responsabile  nazionale  del  Pci  per  gli  enti  locali,  ha  osservato  in  questi  giorni  che
regioni come la Sicilia, la Campania e la Calabria riservano allo Stato una sovranità limitata, aggredite
come sono dall’anti-Stato del crimine organizzato: anzi, Stato e anti-Stato qui trovano spesso margini di
oscura collusione. Per problemi diametralmente diversi, ma non meno drammatici, lo Stato non può
accettare di sentirsi ospite sgradito o appena tollerato in Alto Adige.
Che  Cossiga  sia  andato  ieri  a  Bolzano  era  più  che  necessario.  Che,  conoscendo  più  lingue,  abbia
pronunciato in tedesco una parte del discorso al consiglio provinciale testimonia l’esatto contrario della
«colonizzazione». Ma era anche doveroso ribadire, in lingua italiana, che «parlamento e governo hanno
fatto il loro dovere»: Cossiga lo ha detto, cancellando del tutto le ombre del mancato viaggio a Merano.
Qui  il  nazionalismo  da  «sacre  frontiere  della  Patria»  non  c’entra  nulla.  Sono  invece  in  ballo  la
credibilità e l’onestà di uno sforzo durato decenni, che l’Italia ha compiuto dai tempi di De Gasperi e
che si è concluso sul piano legislativo con la concessione di un’autonomia senza pari in Europa. Oltre
questo livello di tutela culturale e amministrativa per le popolazioni di lingua tedesca e ladina non si
può minimamente andare. Anche perché la frustrazione degli italiani della provincia di Bolzano, già a
livelli  di  guardia  come  dimostra  il  clamoroso  voto  di  protesta  a  vantaggio  del  Msi,  finirebbe  con  il
tramutarsi definitivamente e pericolosamente nella certezza di essere «stranieri».
A guardar bene, i segni peggiori del deterioramento del clima non sono gli attentati, ma le ampie zone
di ambiguità che emergono anche dai settori istituzionalmente più responsabili. Se il vice-presidente
della  giunta  provinciale  Benedicter  definisce  «non  corretto»  il  correttissimo  giudizio  di  Cossiga  sui
pieni adempimenti dell’Italia e se il moderato Silvius Magnago insiste nel ritenere «non di buon gusto
l’occupazione delle cime con le fumate tricolori degli alpini» per i duecento anni delle Dolomiti, come
sperare nella grande Europa per placare con l’integrazione l’ottusità etnica?
Anche se preoccupante, è un interrogativo che bisogna far morire nella convivenza.
settembre 1988