1983 novembre 7 Tra due grandi squadre fanno la differenza Zico e Falcao

1983 novembre 7 – Tra due grandi squadre fanno la differenza Zico e Falcao

Tra Roma e Udinese un piccolo miracolo è successo: il match non ha imbastardito le due squadre,
che hanno invece esibito per l’intera partita un tipo di calcio assolutamente diverso. Meritano
entrambi un premio alla fedeltà tattica; più che adattarsi all’avversario, hanno provato a realizzare
quanto sanno. Non capita tutte le domeniche di assistere a contrapposizioni così nette; anzi, uno dei
pregi maggiori della partita di ieri è stata la specializzazione. Da una parte l’aggressività
dell’Udinese, dall’altra la zona della Roma.

Il primo a stupirsi è stato Enzo Ferrari, quando ha saputo che Liedholm avrebbe mandato in campo
non uno ma due centravanti: Graziani assieme a Pruzzo. Il tecnico dell’Udinese, che non fa a zona
ma marca a uomo, qui si è adattato colpo su colpo usando due stopper, Cattaneo assieme a
Galparoli. Se c’è stato un settore per così dire molto ordinato e schematico in un match
fiammeggiante, questo ha riguardato i centravanti della Roma e gli stopper dell’Udinese: l’uno sul
bastione dell’altro, hanno dato l’impressione di un blocco di granito, che giocava per così dire una
partita separata.

Soprattutto nel primo tempo è prevalsa la flemma della Roma, un atteggiamento sornione dove
sembra che nessuno abbia mai fretta di nulla. Anche a Udine la Roma ha a tratti incantato per la
pazienza con cui srotola il filo del gioco e per la memoria con la quale chiarisce spazi che di primo
acchito sembrano complicati. Non soltanto nel football, è un’immensa virtù rendere piane le cose
confuse.

In un garbato incontro preliminare a Là di Moret, Lamberto Mazza aveva detto a Dino Viola: “A
noi non interessano i risultati”. E il senatore, non abboccando al paradosso del presidente
dell’Udinese, aveva senza esitazione risposto: “A me invece interessano soltanto i risultati!”.

Per trasformare lo 0-0 in vittoria o perlomeno mantenere il pareggio, alla Roma di Viola sarebbe
stato necessario un Falcao pieno, non stratosferico o al 100 per cento di sé, ma almeno il Falcao
medio che conosciamo. Non è stato così; Falcao ha giocato una partita troppo normale per riuscire a
trasformare l’aplomb della Roma in decisive incursioni. Dei quattro brasiliani, l’unico non in
giornata è stato Falcao, in oscuramento soprattutto nella ripresa, cioè nella parte più spettacolare e
travolgente della partita.

“Ho visto un Udinese vincente”, ed è molto giusto il giudizio della Maria Zanini. Era infatti da un
po’ che la squadra non prendeva tanta iniziativa, pur riuscendo a tenere sotto controllo la propria
area, soprattutto per merito di Marchetti e Miano, molto più impegnati a intercettare che ad
avventurarsi senza capo né coda.

Il secondo tempo di Udinese-Roma è poco raccontabile perché ha dato troppo. Troppi spunti, troppi
affondi, troppe situazioni in cui la trama era una miscela di grinta, velocità, voglia di prevalere. Con
Virdis chiamato al posto di Pradella, l’Udinese ha occupato meglio il centro-area della Roma; non
per nulla Virdis lo si ritrova in buoni assist e in almeno un paio di rischiose conclusioni, anche se la
Roma non è mai andata in barca.

Nonostante le spallate dell’Udinese, la Roma ha chiuso senza perdere le distanze. L’ho vista
compatta nonostante l’urto di un’Udinese che in pressing conquistava palla e, quasi senza rifiatare,
avviava il forcing. La qualità migliore della squadra di Ferrari è stata la sua autonomia di corsa, la
sua resistenza nel mantenere il ritmo su toni davvero molto elevati. La gente s’entusiasma quando
s’accorge che il protagonista non è più un divo ma un atleta pronto a spremere tutto di sé.

Potevano segnare Virdis, Marchetti, Causio, Graziani o Pruzzo. Il giocatore più pieno di calcio
continuava ad essere Tonino Cerezo. E il pubblico aveva la sensazione di assistere a uno dei più
piacevoli 0-0 della storia. La partita non aveva tradito le attese e anzi dimostrava che, contro chi
gioca bene, si gioca meglio. Ci si inquina anche per germi positivi.

Esisteva un solo mezzo per far prevalere la geometria sull’impeto o viceversa: un’invenzione, un
momento perfetto, quegli attimi in cui sembra che tutta una partita precipita in una sorta di reazione
chimica. Poteva accadere a un Cerezo o a un Conti; è accaduto a Zico, paradigma del football,
nell’unica occasione in cui gli è giunto un pallone da poter domare con la classe al riparo da un
stinco altrui.

L’1-0 di Zico assolve la Roma, anche se le toglie i due punti. L’Udinese non ha rubato nulla;
piuttosto si è sublimata in quel gesto senza appello.