1980 Olimpiade di Mosca. La censura
1980 -Olimpiade di Mosca – La censura
Regalo all’inturist uno slogan: venite a Mosca, la città d’ideologia vi aspetta. Mosca è l’icona dell’Urss,
paese confessionale, di rito ideologico.
La differenza tra un paese laico e uno ideologico può essere questa: sulla bomba atomica che distrusse
Hiroshima, un aviere americano aveva incollato la foto di Marilyn Monroe; il primo messaggio dallo
spazio  dell’astronauta  Gagarin  diceva: “  Sono  certo  che  se  mi  fossi  trovato  in  difficoltà  il  partito
avrebbe provveduto”. La differenza tra Marilyn e Lenin.
Anche se ti trovi a Mosca in transito più che frettoloso e precario, questo invisibile polline ideologico
lo respiri sempre, ovunque, e più che hai fretta più lo cerchi, più sei straniero più lo cogli, più porti con
te pregiudizi più lo alimenti.
La  Piazza  Rossa  finisce  con  il  sembrarti  sempre  rossa.  Se  entri  al  ciclopico  magazzino  Gum,  non  è
come entrare in un supermercato di Bruxelles o Padova. Persino tra mutande e pentole, ti senti preda
della tentazione di ottenere in quattro e quattr’otto indizi o meglio prove sull’interrogatorio del secolo,
manco  a  dirlo  a  quanta  differenza  passa  tra  marxismo  libresco  e  reale,  tra  sogno  e  edificazione.
Tonnellate di parole sono state dedicate in questi anni al “ io che è fallito”, al socialismo nei gulag della
burocrazia.
Un affascinante tormento che, però perde mordente quando, standotene qui per tre quattro settimane,
guardi all’Italia voltandoti indietro, attraverso i nostri quotidiani, in vendita giornalisti per venti copechi
l’uno.
I tre ragazzi tedeschi rapiti, i trasporti sciopero, lo 0,50 per cento che va e viene nella busta paga, le
tangenti  Eni,  il  terrorismo,  i  franchi  tiratori,  il  caso  che  vuole  amnistiare  le  sue  truffe:  il  menù  di
sempre, beninteso che lo legni da Mosca, dove l’olfatto politico si intensifica e dove i confronti si fanno
più alla svelta di quanto non immaginasse il professor Kissinger.
Di buon mattino, davanti alla tazza di caffè sempre maledettamente bollente e con i giornali appena
sbarcati dall’Alitalia, Diventa proprio impossibile, da italiano qualunque, non pensare per esempio che
Delle seimila camere dell’hotel Rossia lasci tuoi soldi perché sei convinto che non te li fregheranno, ed
è  altrettanto  difficile  non  riflettere  sul  fatto  che  in  centro  urbano  di  otto  milioni  di  persone  poi
camminare  di  notte  per  strada  con  la  certezza  che  non  sarei saccheggiato,  sequestrato,  umiliato,
derubato dell’unica ragione per la quale nacquero gli Stati: la sicurezza.
Mosca, città ideologica, ti appare allora come un boomerang: ti restituisce addosso lo stesso scetticismo
che  le  avevi  riservato:  rispedisce  al  mittente  pericoloso  gioco  dei  confronti,  stavolta  tra  democrazia
sulla carta patinata degli ideali e democrazia che tocchiamo con mano tutti i giorni, la nostra.
“Il Dio che è fallito” rischia di non essere più cosa tutta loro. Anzi, ti rode il dubbio che a Roma, esiste
un suo gemello in bancarotta, né in grado di dare lezioni né tantomeno di fare le pulci agli altri.
Mosca non c’entra, le Olimpiadi nemmeno. È un dubbio atroce, che abbiamo confezionato da soli. Un
dramma tipicamente italiano, imbarazzante nella città d’ideologia, Dove i dubbi della libertà vengono
censurati più dei film porno.