1973 marzo 21 Undici affamati

l’umiltà contro natura,

1973 marzo 21 – Undici affamati

“Non sappiamo fare catenaccio, ma non attaccheremo come
pazzi”, ha dichiarato il buon Vycpalek. Sulla seconda parte del
messaggio tattico, non sono mai esistiti dubbi: quando mai una
squadra italiana ha fatto forcing all’estero?! tanto meno questa
Juve che tenta di restare a galla in Europa nel momento peggiore
del suo ’73.
Altafini è l’attaccante in condizione più dignitosa, ma Vycpalek lo
snobba. Bettega ha quasi scordato di essere un goleador e
trascina i suoi 82 chili, troppi, in spazi di retroguardia. Capello
sciala un rigore decisivo, bevendo la finta del portiere. Espulso e
squalificato, Causio sente
facendo
rimpiangere il “bastone” di Armando Picchi. Haller tiene pancia da
birraio bavarese.
Lo stesso Anastasi esce da una contorta spirale. Per la nascita di
un figlio prematuro, solo ora fuori pericolo, ha sofferto giorni di
angoscia. Per involuzione tattica, ha quasi fuso ogni energia:
partendo sempre più da lontano, i suoi scatti sono infatti passati
dai 20-25 metri a strapazzi di 40-50 metri. Giocatore che si
realizza proprio nello scatto, non può reggere sdoppiandosi in
centravanti e mediano.
E’ insomma una Juve che, se molla la Coppa Campioni all’Ujpest,
non stupirà nessuno. Una Juve che, tecnicamente parlando, ha già
perso ma che, essendo squadra tutt’altro che flaccida, conserva
ancora trenta probabilità su cento di andare in semifinale.
Probabilità legate all’istinto, al temperamento, all’interesse di
professionisti, al sottosuolo tecnico della Vecchia Signora: tipico in
quest’ultimo senso Causio, dotato come pochi e zavorrato soltanto
da folletti interiori.
Il “de profundis” per la Juve di Coppa non è ancora scritto anche
perché gente come Zoff, Salvadore, Cuccureddu, Morini e Furino
sono la scorza robusta, emblemi di un football mai rassegnato.
Nel vento di Budapest, in uno stadio fatto in casa, gli ungheresi
non sanno pensare nemmeno a una difficile vittoria. Pensano alla
vittoria e basta. Di Causio, riposato da quindici giorni, Vycpalek ha
detto oggi: “Ha fame di palloni”. Sarà questa una fame magari
rozza, ma è quella che serve. Senza undici “affamati”, la Juve
ricorderà infatti il Danubio come il suo ultimo orizzonte del 1973.