2004 febbraio 10 Vedelago

2004 febbraio 10 – Vedelago

Qui la natura lasciò sgorgare dalla terra il fiume Sile. I romani fecero una strada maestra come la
Postumia, che per i tempi era più di una moderna autostrada. I veneziani costruirono per il gusto del
vivere le ville venete e Palladio divertì il suo genio progettando quella dei nobili Emo. Scampati a
una siccità del tipo estate 2003, i fedeli del luogo pensarono bene di ringraziare come si doveva la
Madonna del Caravaggio. Un po’ tutto questo é Vedelago, il cui nome rimanda o a un antico
coltivatore o alle generose risorgive sul territorio e il cui comune pare sia, dopo Vittorio Veneto, il
più esteso della provincia trevisana.
L’ex paesotto é diventato un paesone: ha 15 mila abitanti ma suppongo che arriverà presto a venti e
oltre, perché sarà sempre più residenziale. Per me, da decenni girovago e pendolare veneto, il centro
di Vedelago era più che altro un semaforo sempre rosso e un vigile che usava come paravento la
chiesa per aspettarti al varco dei 50 all’ora a dire il vero mai rispettati. Era anche un aereo del 51°
Stormo di Istrana che Rodolfo Pellizzari aveva esposto come uno spot a cielo aperto forse per
segnalare che, nei suoi grandi magazzini di abbigliamento di massa, i prezzi volavano bassi. Anzi
avevano toccato terra come il carrello del suo trofeo pubblicitario.
Una decina di anni fa mi colpì un fatto. Durante la campagna elettorale per le comunali, un sindaco
o candidato sindaco non ricordo bene piazzò lo sport al secondo punto del suo programma
amministrativo. Mi resi solo allora conto che Vedelago aveva un fatturato sportivo molto più
sostanzioso di quanto non apparisse a prima vista. E che il benessere economico trainava anche
tempo libero, associazionismo, spinta allo sport, ragazzi meglio nutriti e perfino una pedagogia di
base che trovava tutti d’accordo, dal municipio alla canonica, dal professionismo palese al
volontariato di prima semina.
Le 350 pagine di questo libro mostrano in un colpo solo tutto il mezzo secolo di sport di Vedelago.
A cominciare da quello, soprattutto quello, che era più difficile togliere dalla penombra o
dall’anonimato dei cosiddetti “sport minori” anche se “minore” risulta in fondo soltanto la loro
visibilità sui giornali, alla radio o in tv.
Di fronte a ricuperi della memoria così puntigliosi, resto sempre sbalordito. Perché sono il frutto di
una ricerca che a volte non si riesce nemmeno a misurare, tanta é la costanza che ci vuole, tanto é il
paziente lavoro che serve, tanto è il fervore necessario. Per fare 350 pagine di questo tipo, bisogna
soprattutto essere capaci di innamoramento.
Innamorarsi perdutamente della polvere, dei cassetti chiusi, degli archivi meno noti, della raccolte
di giornali, delle voci che sanno ancora ricordare e raccontare. Innamorarsi di una vecchia
fotografia sepolta chissà in quale armadio; di scovare un protagonista da quasi tutti dimenticato; di
sfregarsi le mani di soddisfazione per una data riscoperta da qualche parte, per la faccia in bianco e
nero di un campione fatto in casa, per una formazione di ragazzi di belle e ingiallite speranze, per
un risultato di partita strappato all’oblio, per il ritaglio calcistico di un periodico che magari non
esiste più, per un documento ciclistico di antiquariato custodito come un gioiello di famiglia. Ecco
ciò che ci vuole per mettere insieme tutto questo.
Giorgio Volpato e Piergiorgio Zavarise sono andati alle risorgive dello sport di Vedelago,
ricavandone un Sile di storie, protagonisti, imprese, risultati, speranze. Hanno lavorato come in una
cava, estraendo ogni materiale da ricostruzione. Hanno fatto il loro mestiere di cronisti ma con lo
sguardo all’indietro, dal passato remoto al passato prossimo fino all’oggi.
Volpato ne sa di pane. Ma il suo pane preferito é da sempre lo sport mentre gli stadi continuano ad
essere la sua vera vacanza. Me lo ricordo, quasi quarant’anni fa, felice come una Pasqua di vedere
da vicino Gianni Brera al lavoro in tribuna stampa. E Zavarise racconta ogni volta lo sport come si
scriverebbe una lettera alla morosa: con la passione che accompagna la competenza. Quasi
praticasse sport sui tasti del computer.
E’ un bel lavoro questo libro, fatto non per indole passatista ma per dare prospettiva a un capitolo di
grande socialità paesana. Lo sport di Vedelago si rivede tutto in pagina e per me, nonostante gli
splendori dell’informatica, la pagina di carta resta l’impronta della vita.