2004 dicembre 20 Scudetto

2004 dicembre 20 – scudetto

Tanto per cominciare lo scudetto di Natale va all’Udinese. Terza grande in classifica, quattro soli
punti dal Milan che resta il parametro estetico di un campionato blindato dalla Juve più difensiva
degli ultimi dieci anni.
Questa Udinese ricorda a volte il ventoso Verona di Zigoni, a volte il disinvolto Vicenza di Paolo
Rossi, e poi ha David Marcelo Pizarro Cortez, cileno di Valparaiso, che pensa gioco come bere un
bicchier d’acqua, la cosa più scontata del mondo. L’Udinese, oltre che naso, deve avere in giro per
il mondo dei buoni osservatori, incaricati di suggerire scoperte non colpi.
Il bello del calcio sta anche nei suoi tradizionali sberleffi, uno dei quali consiste nel ridurre la
“partitissima” di turno a un diminutivo dopo settimane di pompaggio mediatico. Zero a zero e tutti a
casa, come accaduto un sacco di volte, affranti dalle aspettative.
Mi ha colpito un giocatore del Milan, Alessandro Costacurta. Questo varesino dalla faccia da
rotocalco, fra quattro mesi circa compirà 39 anni, e non basta. Siede in panchina con la sana
psicologia del pezzo di ricambio, dopo una carriera da leccarsi tecnicamente le dita. Si fa male
all’ultimo istante Maldini? Costacurta va in campo, dà un’occhiata d’assuefazione allo stadio
esaurito, prende la cosiddetta partitissima come un servizio fotografico assieme a Martina
Colombari, ex miss Italia.
Sì, per carità, Nesta è l’Apollo del tackle, Thuram si vede che non ha vinto il campionato del mondo
a caso e Cannavaro fa l’acrobata napoletano che è un piacere. Per non parlare di Maldini, che
soltanto i suonati del Pallone d’oro trascurano da anni. Però anche Costacurta fa a mio parere storia,
poco falloso, distinto in campo, piede di scuola, senso dello spazio. Non sembra neanche uno
stopper, nemmeno a quasi 39 anni.
Questi sono i giocatori da cui si impara tutto, calcio e stile. Giampiero Boniperti, che della Juve è
stato tutto, sceglie tra i campioni di tutti i tempi Carlo Parola e Valentino Mazzola, spiegando
perché lo stopper delle rovesciate acrobatiche fosse unico. Parola aveva portato alla Juve “eleganza,
signorilità, gloria”, dove gloria sta per risultati, scudetti e il resto.
Già che ci sono, è stato proprio Boniperti a portare Alessandro Del Piero alla Juve nonostante che il
presidente del Padova Marino Puggina, notoriamente rossonero, preferisse il Milan. Ne sono
passarti di anni da quel 1993 e adesso siamo alle solite. Il Del Piero prevalente è un giocatore
anonimo; ogni volta che gli scappa un’invenzione del suo vecchio repertorio da campione, festa
grande, roba da figliol prodigo finalmente ritornato.
Ha giocato metà 0-0 tra Juve e Milan, poi Capello l’ha tolto prima del solito, senza infamia e senza
lode, usato un po’ qua e un là come spalla di Ibrahimovic. Non so quale 2005 lo aspetti, con
Trezeguet in arrivo. Di sicuro Del Piero è da tempo un’ipotesi, sempre da verificare alla giornata.
Nessuna novità da Juve e Milan, separati da quattro punti. Da 50 azioni il Milan ha ricavato quattro
palle-gol, una miseria, ma non ha concorrenti per qualità di gioco. La Juve è feroce, mai bella;
aveva una sfottuta paura del Milan e ha fatto bene ciò che sa fare meglio: bloccare le percussioni
disarmando anche un asso come Schevechenko. Avrete capito al volo che, per ora, l’Inter non è né
carne né pesce, da pausa.
Buon Natale, caro lettore.