2003 maggio 4 Unabomber

2003 Maggio 4 – Unabomber

Unabomber del Nordest chi é? Per adesso le risposte dicono tutto e il contrario di tutto. Che circola
tra Friuli e Veneto un tipo lucido, fantasioso, accorto, prudente, razionale. Che è un odioso
criminale e basta, ma un magistrato lo ha considerato invece “un pover’uomo”, un uomo
semplicemente senza qualità.
Un vile, un verme, il Grande Vigliacco diceva il titolo di un articolo di fondo. Forse, un’intelligenza
fallita, oppure uno zero mentale da catalogare su due piedi sotto l’etichetta del “ folle”, folle gesto,
gesti di ordinaria follia in sequenza.
Se così fosse, potrebbe essere tanto un genietto del male quanto una nullità che fa del male. Noi,
dunque, lo stiamo chiamando “Unabomber” a casaccio, senza sapere se corrisponda davvero al
prototipo americano che per 18 anni riuscì a restare senza volto.
Quando cominciò a indagare su un tale che seminava ordigni esplosivi da costa a costa degli Stati
Uniti, la polizia federale american – mitica Fbi di tanti film e telefilm – aprì un fascicolo indicato
come “Unabomb”. Quella mezza sigla, cioè “Un-a”, era l’insieme delle iniziali di due parole
inglesi: “University” e “airlines”. All’università e all’aeroporto erano infatti esplosi i primi ordigni.
Niente a che vedere con Unabomber del Nordest che comincia a colpire una decina di anni fa alla
sagra dei Osei di Sacile. Lui ha rubato la sigla: lui non va all’università ma parte da una antica festa
popolare. Il suo “costa a costa” si localizza dal Tagliamento al Piave.
L’Unabomber originale si chiamava Ted Kaczynski, americano di palese origine polacca.. Era
studente modello di una eccelsa scuola (“top school”, dicono negli Usa) come l’università
californiana di Berkeley.
Considerato una promessa accademica, sarebbe arrivato di corsa alla docenza in ingegneria, se non
che finì qui il suo papiro visto che scoprì di odiare proprio gli ingegneri, protagonisti ai suoi occhi
della rovina dell’ambiente. E il genio in erba si trasformò in eremita sulle montagne del Montana;
campione di calcolo, non riusciva più a fare i conti con la realtà.
Dal suo cascinale di Unabomber scriveva a un amico di non aver alcun rispetto per la legge né per
la moralità. Ad un altro confidava di disporre di 53,01 dollari in tutto e di patire la fame, non fosse
per un po’ di farina, di verdure essiccate e di conigli presi a caccia.
A Nordest, Unabomber è un abusivo, dovrebbe avere tutt’altro nome. Anche perché fa di tutto per
sembrare così ossessivamente locale, quasi paesano, così sul territorio, sempre a portata di mano, da
persona della porta accanto, difficile da individuare proprio perché non ha un appartato rifugio tra
le colline di un suo Montana ma semina trappole tra quei boschi urbani che sono in fondo i
supermercati di massa, le affollate spiagge delle vacanze, un chiesa gremita per Natale, fino al
frequentatissimo greto del fiume Piave “sacro alla Patria” nel giorno festivo che ricorda la
Liberazione.
E’ locale e casalingo. Per far male, usa i materiali più innocui e di famiglia. Un tubetto di conserva
di pomodoro o un vasetto di Nutella, una confezione per bolle di sapone, un pacchetto di uova, un
lumino di cimitero, un pennarello che ha straziato una bambina ma che poteva straziare la mamma,
chissà chi altro a spasso tra i sassi.
Il suo incallito fai da te da sparge sangue, mutilazioni, paura; a volte sembra mirare ai bambini, ma
mira a chiunque. Il suo bersaglio è la normalità, cose comuni, persone comuni, appuntamenti
comuni, riti comuni, luoghi pubblici comuni, strumenti comuni, Nordest comune.
Non ha fantasia Unabomber ; ha soltanto un’idea fissa. Ferendo pochi, intende colpire tutti. Il suo
bersaglio è sempre più sociale, anche se passa attraverso le vittime con nome e cognome.
Soltanto in prima pagina e in televisione scopre i volti del suo segregato terrorismo, che non
rivendica perché non sa comunicare di persona nemmeno il movente. Forse, parla da solo, si spiega
da solo, esiste da solo, ama ascoltarsi soltanto nel grande specchio della comunicazione altrui.
Unabomber sta realizzando il suo macabro autoritratto. Sembra esistere soltanto in video e tra le
righe, tipico prodotto del nostro tempo.
Vivendo di riflesso, è una doppia minaccia. Reale e immaginata.