2002 gennaio 20 Caro Direttore

Al Direttore( da Giorgio lago)
Caro Direttore,
con una lentezza da Orcynus Orca,ho scritto il mio primo pezzo,cioè la rubrica
domenicale,con questa macchina divina quanto infernale.Ti propongo,se ti serve,un
pezzullo sulle piccole patrie,ispiratomi dalle ultime parole di Cela.Mentre la parte
portante riguarda Vanna Marchi e “Striscia”,divisa in due,ma che tu puoi come
sempre compattare.Vedi tu.
Con l’ausilio dei miei figli, spedisco il tutto in un nulla metafisico,che a me sfugge
del tutto. Grazie,ciao. Giorgio

DOMENICA 20

Piccole patrie

Un anno fa il presidente Ciampi ricordò agli italiani che difendere le culture locali
non vuol dire affatto negare l’anima europea.Si spiegò così:”Amo insieme Livorno,la
Toscana,l’Italia e l’Europa”.
La piccola patria è il luogo dove ci si sente a casa,senza escludere l’appartenenza a
comunità via via più larghe. L’utopia dell’ “Europa delle Regioni” che cosa sarebbe
se non proprio il superamento degli Stati nazionali anche come Stati-padrone della
sovranità?
E’ tutt’altro che murato vivo il sentimento di piccola patria,soprattutto nell’Italia
degli ottomila comuni , delle cento città e degli infiniti dialetti .Sottintende patrimoni
per niente al chiuso,da sempre creativi.
Indro Montanelli ad esempio considerava la Toscana e il Veneto i “due grandi
depositi delle glorie culturali italiane”,cito testualmente.Proprio perché detestava il
“particulare” degli egoismi locali, Montanelli aveva per reazione un’idea molto alta
delle ricchezze di ogni storia, a cominciare dalla sua.
E una canzone di guerra scelse il Grappa,piccola patria dei veneti,come patria di
tutti. Con parole del generale De Bono e musica del suo aiutante di campo,si cantava
appunto:”Monte Grappa,tu sei la mia Patria…”, qui maiuscola come un secolo fa o
quasi.
A Nordest,in Alto Adige/Sudtirol,la piccola patria prende il suono materno della
parola tedesca Heimat,come in Friuli sceglie a simbolo il fogolàr. Trieste sublima il
confine delle identità plurali.
La più minuscola patria che sia mai stata evocata da un grand’uomo credo appartenga
invece al premio Nobel per la letteratura Camilo Josè Cela,scomparso proprio in
questi giorni in Spagna all’età di 85 anni.Le sue ultime parole sono state:”Marina ti
amo.Viva Iria Flavia”.
Marina è la moglie ; Iria Flavia è il paesino natale dello scrittore galiziano ,nella
provincia di La Coruna . In un puntino geografico,il suo universo.

LUNEDI’ 21

Craxi

Giuliano Amato,socialista, allora presidente del Consiglio, dichiara alla “Stampa” del
24 gennaio 1993:”L’azione più visibile di noi socialisti resta la distruzione dei dogmi
comunisti:che per fondare il socialismo non basta. La componente etica è stata molto
carente.Anni fa un cardinale mi ha detto:date l’impressione di essere un partito senza
valori,e il vostro pragmatismo sembra inseguire il potere per il potere.Io mi sono
stupito,ma la frase mi ha aperto una finestra. E da quella finestra,oggi ho visto
Tangentopoli”.
Negli stessi mesi,in un libro dedicato alla disfatta del Psi,Enzo Biagi racconta:”Su
una chiesa metodista di New York,il pastore Stephen Bauman fa affiggere una frase
di Bettino Craxi che ha pescata nel New York Times:’Non ci sono più
ideali,facciamo semplicemente i nostri interessi’.”
Solo per pro-memoria.

MARTEDi’ 22

Mussolini

Denis Mack Smith,storico inglese,dalla biografia politica di Benito
Mussolini:”L’elogio della guerra in quanto intrinsecamente bella e benefica fu una
sua crudele follia ,da cui derivarono sciagure innumerevoli e che alla fine ridusse in
polvere e cenere quel che di positivo aveva raggiunto.Una persona capace di
conseguire un tale culmine di popolarità,per poi precipitare così rapidamente al polo
opposto di una universale ripugnanza,è chiaramente un individuo fuori del
comune.Non solo Mussolini era un attore di grande talento,ma il campo in cui
supremamente eccelleva era la propaganda.E dunque sia le sue dichiarazioni
pubbliche,sia i suoi commenti privati,sono spesso le dichiarazioni e i commenti del
propagandista,miranti a celare la verità quanto a rivelarla”.
Lo pensa anche Fini,adesso.

MERCOLEDI’ 23

Previti

L’accusa è il peggio del peggio:aver corrotto a colpi di miliardi i giudici.Ma per il
parlamentare Previti il giusto processo è soltanto quello che non gli si fa,che si
annulla o che,in alternativa, assolve. Insomma,la giustizia faccia il suo corso: il suo di
Previti,preferibilmente a Porta a Porta non in un’aula di tribunale.

GIOVEDI’ 24

La truffa…/1

Hanno messo finalmente in galera Vanna Marchi e affini.E’ una buona
notizia,confortata anche dal fatto che il magistrato sottolinea di suo pugno “la
massima spregevolezza” degli indagati.Quando ce vo’,ce vo’.
Ma che ne facciamo dei 300.000 e passa clienti che,sborsando fior di
milioni,ricorrevano alla industriosa famigliola con annesso mago brasiliano?Il vero
quiz non può che essere questo.
Ciarlatani ne circolano a bizzeffe,truffatori anche,ma è la generosa materia prima a
loro disposizione che sconvolge.Fior di casalinghe , che ogni giorno sanno far la
spesa con un senso del risparmio da governatore di Bankitalia ,tornano un minuto
dopo in famiglia e accendono il televisore per farsi buggerare a fondo perduto,con le
mani bucate. L’accusa ha quantificato il malloppo in 63 miliardi di lire,roba da non
credere a proposito di terzo millennio della scienza e dell’informazione.
Lo sappiamo;la credulità è un po’ come la prostituzione,cioè di antichissima
tradizione. E,forse,la credulità non fa che mostrare il più ingenuo volto di ogni
fede;il voler credere a tutti i costi in qualcosa,persino nell’oroscopo all’ingrosso,in un
dio taroccato. Come andare a caccia di se stessi senza che esista un dove,fragilmente
soli ma affamati di magìe in offerta speciale.
Pare che questa fabbrica del niente raggiunga ogni anno in Italia un fatturato di oltre
diecimila miliardi di lire (vedi Rapporto Eurispes 2002),con 150/170 mila addetti,tra
maghi,cartomanti,astrologi,mammeebe varie,occultisti e sciamani d’ogni sorta,che
spesso hanno trovato nel rettangolo della televisione la loro terra promessa,ettari di
illusioni a pagamento,una miniera di dieci milioni di clienti in carne,ossa,sogni e
paure. Per tanta gente,soltanto dentro quel rettangolo luminoso si svolge la vita
reale,non fuori,tanto da scambiare per vera soprattutto la Vanna Marchi che promette
la felicità con un bastoncino di edera da ficcare sotto il cuscino prima di andare a
dormire.
Nel suo genere,lei è un genio del raggiro estremo,il miracolo della moltiplicazione
delle leggende in lire,lo squallore fatto violenta telenovela.Fra l’altro,dai giornali e
dai telegiornali di questi anni tutto si era saputo di lei ; nulla della tele-venditrice
poteva dunque sorprendere e nessuno,onestamente,può appellarsi ora al plagio via
etere.
Fin dal 1990, i suoi barriti celavano un arresto e una condanna per bancarotta
fraudolenta,un fallimento,un provvedimento per pubblicità ingannevole,una carriera
sempre sull’orlo del patteggiamento.Lady Truffa era un libro aperto dell’arte di
mentire e di ingannare ;un’arte che può dare anche una “terribile ma inebriante
felicità”,come sospettava uno scrittore francese dell’ottocento.
Non sarà la prima né l’ultima ma questa storiaccia fa pensare più di altre .Se 300.000
persone si lasciano spellare vive dai prodotti esoterici,dallo sciogli-pancia,dal
malocchio su ordinazione e dai minacciosi numeri del lotto di un soggetto come la
signora di cui sopra,forse la spiegazione dev’essere tutt’altra.Non la vecchia poetica
credulità,ma il masochismo di massa, da sempre noto anche in politica.

Il piacere sta nella fregatura.Più grossa questa,più sublime quello.

Venerdì 25

…e la notizia/2

Se la truffa è di Vanna Marchi,le sue manette si devono a “Striscia la
notizia”,telegiornale satirico di Mediaset,che ne ha svelato l’ultimo business. E
anche questa a me sembra una notizia mica da ridere,nel senso che se la satira fa
l’informazione che fa l’informazione?
Una quindicina di anni fa “Striscia”,allora su Italia 1,si presenta con questo
programma:”Tentiamo l’impossibile:battere la comicità di Bruno Vespa”.Il
quotidiano comunista ‘il manifesto’ finisce non a caso per definirlo l’unico
telegiornale alternativo.
Di sicuro,rompe gli schemi.Durante la guerra del Golfo,”Striscia”fa campagna
pacifista; con la politica si diverte.Come quando manda in onda un litigio niente
male tra Tina Anselmi e il socialista Ugo Intini.
Che tempi.Dieci anni fa,con Umberto Bossi ancora innocuo, è “Striscia” a prendersi
un’accusa di vilipendio alla bandiera italiana da parte di un gruppo di donne del Psdi,i
socialdemocratici,perché le sue Veline si esibiscono con un body tricolore.E il
Gabibbo,pupazzo parlante,prende cinque voti durante le votazioni per l’elezione del
presidente della Repubblica!!!Non sto scherzando,parola.
Una volta Ezio Greggio,fingendosi Berlusconi al Tg4,chiama in diretta Fede,che se
la lega al dito.”Comunisti di merda”,dirà di quelli di “Striscia” l’inarrivabile
Emilio.Tra tette e goliardate ,negli anni la trasmissione accumula ascolti e querele
perché fa anche inchiesta o ospita denunce da tribunale del popolo.Tutto al volo,tra
una gag demenziale e una passerella erogena,però lo fa,che si tratti dei bidoni alle
pompe della benzina o dei bidoni di Vanna Marchi,tutta roba che s’incontra nella vita
quotidiana,soprattutto nel retrobottega italiano più trascurato dai giornali.
Non bastasse,per svelare al mondo che l’on.Fini non considera più Benito Mussolini
“il più grande statista del secolo”(come dichiarato nel 1994 ad Alberto Statera sulla
“Stampa”),ci sono volute le “Iene” televisive,che sono una “Striscia” più perfida e
più libertina.La satira ridens ri-farà addirittura la storia patria?
Meglio così.Infinitamente meglio della Tv deficiente,dei teatrini, dei salotti,della
innocua spazzatura, della politica moltissimo raccontata e pochissimo inchiodata alle
cose.
E’ destino.In un Paese per molti aspetti comico,le cose serie vanno mostrate
sganasciando.

SABATO 26

La citazione

Mario Bernardi da “Microstorie di una città”(Uomini Botteghe e Sentimenti
degli anni ’30),Libreria opitergina editrice.
“Oderzo e il suo mandamento vantava negli anni Trenta il primato di capitale europea
dei bachi da seta.Le operazioni di essicazione dovevano essere rapide per non correre
il rischio di favorire l’incubazione della crisalide e la nascita della farfalla. Perciò,se
il bozzolo non veniva “spento” in gran fretta,si rischiava di avvilire il raccolto.
Insomma,una serie di operazioni elementari non complesse,che avevano però
bisogno di tempestività e precisione.
L’unico pericolo grosso che si poteva correre nel corso di questo convulso periodo
di lavoro era l’improvviso incrudimento della temperatura ed il persistere di grandi
piogge. Nel qual caso,si diceva che la foglia “prendeva il salso” e veniva rifiutata dai
bachi che sarebbero “andati in vaca” rifiutandosi di filare.Allora bisognava correre in
giro per le campagne in cerca di rimedi capaci di sopperire alla momentanea assenza
del cibo necessario.Ma era una eventualità quasi sempre scongiurata.
Di assolutamente certo restava il fatto che,scaricate le bisacce cariche di bozzoli nelle
stadere degli essiccatoi,il prodotto veniva pagato immediatamente.Soddisfatte le
quote spettanti al padrone della terra,restava ai contadini un gruzzolo pesante nel
portafoglio a fisarmonica dei capi famiglia.Una corsa col tempo ed una grande fatica
di tutti,ma il compenso rappresentava il primo introito finanziario dell’anno e,da
giugno,le cose sarebbero andate meglio che nei mesi passati.Poi ci sarebbero stati i
raccolti del frumento,delle patate,delle barbabietole da zucchero per chi le
coltivava,dei fagioli e del vino.
Quest’ultimo non era mai di grande qualità perché si badava più alla quantità che alla
bontà del prodotto,inoltre,si avevano scarse nozioni enologiche e – di conseguenza –i
vini erano destinati a reggere il loro buon sapore per poco tempo,fino al
sopraggiungere dei primi caldi dell’estate.Infine si raccoglieva la “ biava”( il
granoturco) madre di tutte le sazietà e anche delle pellagre distribuite in equa misura
in tutto il Veneto”.