2002 febbraio 8 Annamaria Franzoni

2002 febbraio 8 – Omicidio del piccolo Samuele – Annamaria Franzoni

Samuele aveva 3 anni. Sono 8 i minuti che contano. 250 i metri che separavano dalla casa l’infelice
mamma, quando se ne allontanò per 8 minuti.
Attorno al fattaccio di cronaca nera, tutto è miniatura, i tempi e gli spazi, il paese di Cogne, la riservatezza
degli abitanti, la compostezza del nonno, il sindaco alla buona, la villetta , il mondo misurato dei genitori
e degli amici, il piccolo sul letto grande come un cucciolo nel parco del Gran Paradiso. Tutto in miniatura,
tranne i 17 colpi, e lo strappo dei pensieri.
La verità investigativa è un ricamo, punto su punto, filo su filo. La verità della colpa, in un delitto come
questo, sarà sempre parziale: il colpevole potrà dire perché lo ha fatto, ma non potrà spiegarlo. Non ce la
farà mai a farsi capire.
Rarissimamente, un mistero è sembrato così orientato come questo. In un piccolo punto concentrico di
mondo, ogni gesto riconduce al suo centro: la casa. Più che un giallo, un esercizio freudiano attorno a
una volto che manca.
La gente segue tantissimo questa storia, che non è affatto morbosa. Qui niente risulta davvero morboso:
piuttosto, l’interesse nasce dall’incoerenza totale tra l’habitat e la ferocia. E’ l’assenza di indizi
ambientali, familiari e umani che moltiplica la curiosità. Chi e dove ha trovato, in silenzio, la forza dei
17 colpi?
Il magistrato fa per bene il suo dovere: ”Non confermo e non smentisco”. Ribatte un giornalista: ”Allora
non smentisce”. Il magistrato: ”Non confermo e non smentisco”.
Se questo è giornalismo. E vorrei sapere che cosa ne guadagna l’”informazione” facendo l’autopsia di
Samuele nei telegiornali, perché di questo in realtà si tratta quando elenchi colpo su colpo, precisando la
zona delle fronte, il dettaglio delle ferite, la mappa del sangue in prima serata, con la bistecca sul piatto.
I sociologi si preoccupano giustamente dei bambini che guardano la Tv. Dovremmo occuparci della
soglia di umanità e di gusto degli adulti, anche di questo.
Ma ho visto e letto anche tante buone cronache capaci di attesa. Che hanno saputo tenere ipotesi e sospetti
anche forti almeno sotto una spanna di neve fresca, per pietas presunta come presunta ogni verità.
Alle 5 e 49 di quella mattina, dalla villetta di Cogne il papà chiamò il 118 per la mamma, che non stava
bene e che, alle 8 e 28, avrebbe richiamato il 118 per il piccolo Samuele : come una premonizione di
dolore. E di ineluttabilità differita.
Scoprire che cosa o chi è penetrato di colpo in quel minuscolo circuito chiuso di vita, sarà come
illuminare la normalità. Spesso, non c’è mistero più fitto dei libri aperti.

Giorgio Lago