2002 dicembre 8 Donne. Rita Levi Montalicini

2002 dicembre 8

DOMENICA 1

Donne

Rita Levi Montalcini, 93 anni, premio Nobel per la Medicina, senatore a vita:”Amare il proprio
lavoro costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra.” (da “Il Piccolo” di
Trieste)

LUNEDI’ 2

Ecumenici/1

United God of Benetton.

MARTEDI’ 3

Liberali /2

Non mi scandalizzo con il sindaco di Treviso quando Gentilini, a proposito di immigrazione,
accentua i “doveri” allo stessissimo modo dei “diritti”. Senza doveri niente diritti e viceversa: vale
anche come principio europeo di cittadinanza, qualunque sia la nazionalità di origine.
La responsabilità è a mio parere un valore più alto della stessa accoglienza. Della stessa tolleranza.
Della stessa integrazione.
Chi semina responsabilità raccoglie immancabilmente democrazia. Così il meglio della cultura
d’Occidente ha alla lunga convertito alla libertà anche le sue Chiese.
Solo che diventa incoerente all’ennesima potenza ogni pretesa di doveri quando ad esempio si fa
velo al diritto più libertario che ci sia: quello di pregare ciascuno il proprio Dio, pari al diritto di non
pregare affatto. Come diritto dell’anima, la preghiera è appunto il più intimo tra essi, il più
esclusivo, il più personale.
Ricordo un fumetto dei Peanuts, poetico quanto un salmo laico. Linus chiede alla sorella
maggiore:”Tu preghi mai, Lucy?”.
Lucy gli risponde:”Non ti pare una domanda un po’ personale? Cerchi di attaccar briga?”.
Quanta saggezza, quanto rispetto. Pensieroso, Linus conclude infatti:” Hai ragione…La religione è
un argomento molto delicato.”
Qualche secolo prima di Cristo, Platone s’incavolava con la credenza secondo la quale i guai degli
uomini sarebbero dipesi dagli dèi. In tempi senza fumetti, il mega filosofo greco asseriva che la
divinità è in sé buona, mai malvagia, non può far male.
L’Islam prega Allah cinque volte al giorno. L’Occidente forse non ha più tanta voglia di pregare, in
assemblea ancor meno.
Il Dio cristiano è sempre più privatizzato, unidirezionale, guardingo rispetto ai suoi millenari
Vangeli. Perfino tra i cattolici del Paese che ospita il papato, il Padre Nostro comunitario sembra
cedere al Padre Mio individualista.
Resta un fatto. La superiorità delle libertà costituzionali, religiosa in testa, ci spinge a non fare agli
altri nemmeno ciò che altri fanno a noi stessi.

Questa non-reciprocità della libertà è sempre durissima da mandar giù. Chi lo negasse, farebbe
opportunismo a buon mercato; chi lo denuncia, esercita il diritto-dovere della testimonianza.
I fedeli del Dio dell’Islam debbono poter pregare tra noi in santa pace e in piena libertà perché i
cristiani, credenti o non credenti, pii o illuministi, possono dirsi tali soltanto se oggi garantiscono
per primi anche quella pacifica libertà. La religione della libertà è forse la nostra ultima religione.
Un sacro bene liberale, faticoso come ogni conquista non ricambiata.

MERCOLEDI’ 4

Natale 2002

Un sondaggio rivela che le feste natalizie provocano stress. Babbo Letale.

GIOVEDI’ 5

Forza Fiat

Sbotta l’on. Berlusconi che si potrebbe “cancellare il nome Fiat” e rimpiazzarlo con uno molto più
figo:” Ferrari o Super-Ferrari”, magari una Ferrari Woman per signore e una Ferrari Young per i
neo-patentati. Acquistata dalla Fiat a cominciare dal 1969, la Ferrari funzionerebbe da becchino
della Fabbrica Italiana Automobili Torino e , allo stesso tempo, da marchio della risurrezione.
Il cavaliere deve aver fatto imbizzarrire nella tomba un altro cavaliere. Il cav. Giovanni Agnelli,
fondatore della Fiat, padre dell’Avvocato, che fa Giovanni come lui, anzi Gianni.
Aveva cominciato nel 1900 con 35 operai. Adesso ne vanno in cassa integrazione a cinquemila al
colpo.
Come si potrebbe cambiare nome alla Fiat? La Fiat è più di una fabbrica, il suo fatturato assomiglia
tanto all’autobiografia dell’Italia del Novecento.
Badando ai tanti opportunismi del potere si diceva del fondatore – presto senatore del Regno – che
fosse “fascista a Roma, antifascista a Torino”. Non male come navigatore. Ai tempi della marcia su
Roma aveva costruito al Lingotto il più moderno stabilimento d’Europa, con la pista di collaudo
futuristicamente sul tetto.
Un giorno convoca i suoi ingegneri e ordina di inventare la macchina più piccola e meno costosa
del mondo. Al prezzo di 8.900 lire, sarà la 500 che diventa subito Topolino, la “Little Mouse” di un
giornale inglese che pensava al topolino di Walt Disney.
Era stata costruita dandoci dentro anche a ferragosto del 1936. “ Si parlava poco, si lavorava senza
tregua”, ricorda l’ing. Dante Giacosa. La Topolino toccava gli 86 chilometri all’ora e costava un
terzo in meno della Balilla.
Alla catena di montaggio é davvero la storia d’Italia lunga un secolo. Da un pezzo ormai la Fiat
non è più la Fiat e basta. E’ l’auto, tutta l’auto italiana, dopo essersi presa Ferrari e Maserati, Lancia
e Alfa Romeo, tutto ciò che sul territorio nazionale si muoveva su quattro ruote.
Nella “vasta gamma” non poteva mancare nemmeno il modello prima repubblica. Cinque anni fa,
per le edizioni Kaos, il giornalista dell’Espresso Pino Nicotri scrisse non a caso un libro di 250
pagine dal titolo:”Fiat, Fabbrica Italiana Automobili e Tangenti”, per dire in sostanza che la Fiat si
era sempre fatta i fatti suoi. Tanto aveva dato al Paese, e tanto aveva preso.
Con la sua crisi, i suoi “esuberi”a migliaia e i suoi debiti a palate di euro, oggi non si sa bene da
dove cominciare proprio perché si tratta di una infrastruttura nazionale oltre che di una
multinazionale di famiglia. Uno strano animale industriale.
Questa la faccenda: una fabbrica cresciuta parecchio chiusa, dal Dna molto piemontese nei quadri,
aveva conquistato il capitalismo italiano come i Savoia l’Italia. Ma nel 2003 si troverà a un bivio: o
se la prendono tutta gli americani o sarà la Fiat a prendere ancora una volta il tiramisù di Stato.

Soltanto pochi anni fa si scriveva all’estero che mettere in copertina Gianni Agnelli faceva
aumentare del dieci per cento le vendite dei settimanali italiani. E sulla famiglia dei “viceré” di
Torino non si era ancora abbattuta una serie di lutti da tragedia greca.
La Juve dell’Avvocato vinceva con Platini, la Fiat vinceva con la Punto, la Ferrari perdeva . Ora la
Juve continua a vincere con Del Piero, la Ferrari stravince con Schumacher ma la Fiat si perde. E il
presidente del Consiglio consiglia di ammainare per sempre la grande bandiera perdente.
L’on. Berlusconi ha fatto bene a prendersela con i manager Fiat; doveva risparmiare il marchio di
tanto lavoro, di tanto progresso, di tanta storia. Noi italiani siamo specialisti nel farci del male con
le nostre stesse mani.
Forza Fiat, nonostante tutto.

VENERDI’ 6

Ragazzi

Un rapporto dell’Unicef, che è un organismo delle Nazioni Unite, rivela che i più bravi quindicenni
del mondo industrializzato sono coreani, giapponesi, finlandesi, canadesi, australiani: soltanto greci
e portoghesi sarebbero più asini degli studenti italiani.Nello stesso giorno una ricerca della Società
italiana di Pediatria assicura che i nostri adolescenti sono più in gamba di quanto pensino gli adulti.
Anzi, il presidente dei pediatri dichiara:”I nostri ragazzi ne escono sicuramente meglio dei loro
genitori.”Morale della favola: asini, ma bravi ragazzi.

SABATO 7

Politici

Il settimanale francese “L’Express” dedica un’inchiesta di 12 pagine all’abbigliamento dei politici a
partire dal presidente Chirac, oggi definito “parfait”, perfetto. Il merito va alla figlia Claude che,
dopo la sconfitta elettorale del 1988, chiese consiglio ai grandi esperti americani di marketing
politico e fu consigliata di far cambiare al padre tutto, stoffe, colori, cravatte. L’abito non farà il
monaco, ma fa il presidente.