2001 Febbraio 14 TeleBerlusconi

2001 Febbraio 14 – TeleBerlusconi

I giornalisti vanno in televisione e fanno scena muta perché l’on. Berlusconi parla da solo, non
conosce il passaparola. In Rai o Mediaset, da Vespa come da Costanzo, cambia poco o nulla: Silvio
Berlusconi se la fa e se la dice, provvede in proprio sia alle risposte che alle domande. Lui ha sempre
un ragionamento da concludere, gli altri non possono nemmeno avviarlo.

D’altra parte è sempre stato così, non vedo che cosa sia capitato di nuovo quest’anno. Invece di
brontolare, i giornalisti farebbero meglio a restare a casa.

Il meccanismo è arcinoto e li fa in ogni caso prigionieri. Se fanno tappezzeria, diventano patetici: se
provano a mordere, finiscono con l’apparire faziosi a un Paese faziosissimo; se tentano educatamente
di inserirsi qua e là nei discorsi, rimangono con la parola in gola nove volte su dieci. Con un tipo
come Berlusconi non c’è microfono per nessuno; il suo dialogo è l’assolo.

Una volta a Udine il cavalier Benito Mussolini disse in piazza che all’Italia non mancavano i
programmi ma gli “uomini” e che il suo programma era semplice: “Vogliamo governare l’Italia”.
Sembra Porta a Porta, la nuova piazza elettorale, e sembra Berlusconi sputato, con una aggiunta:
“Uomini e tv”, fatto.

Berlusconi non va in televisione come gli altri; lui è la televisione, ci è nato, ci vive, ci campa. Più
che uno strumento di comunicazione di massa, la considera la sua stessa identità: senza tv, non
avrebbe mai fatto politica; per fare politica ha bisogno di mostrarla.

Anche governare comincia dall’apparire; in ciò bisogna riconoscere che è il migliore. Un maestro
che, strano ma vero, ha trovato l’allievo prediletto in Rutelli: pure lui, prima che a convincere, aspira
a sedurre. Chi sorride meglio, vince.

Per Berlusconi, l’opinione pubblica è sempre diretta e semplificata al massimo, senza alcun bisogno
di mediatori. Il suo interlocutore ideale è l’Homo videns, come lo ha chiamato il professor Giovanni
Sartori, che se ne sta a casa, guarda, ascolta e non fa domande da giornalista.

Oltretutto , noi giornalisti italiani, siamo abbastanza lontani dal modello americano del “cane da
guardia”: alle conferenze stampa alla Casa Bianca, il povero Clinton ha subito per due anni domande
che nemmeno la Santa Inquisizione spagnola avrebbe osata porre. Forse per una atavica lusinga del
potere, noi siamo in genere più propensi ad abbaiare scodinzolando.

E’ una vecchia storia, che uno studioso come Paolo Murialdi spiegò bene qualche anno fa. Lui diceva:
quando i giornalisti parlano con un politico a Montecitorio, pensano che potrebbero benissimo essere
al suo posto. Insomma, si sentono nella stessa barca, tutt’altro che alternativi, soprattutto nelle
interviste. Soltanto Oriana Fallaci fece incavolare un potente come Henry Kissinger. E oggi le
domande più imbarazzanti le fanno Striscia la notizia e le Iene.

Una sera di queste, dimentico quale, Berlusconi ha ripetuto per l’ennesima volta che il candidato del
centrosinistra (alias Rutelli) non ha mai lavorato in vita sua. Se la veda Rutelli a dimostrare il
contrario, affari suoi, ma domando: possibile che nessuno, né giornalista né conduttore, abbia fatto
garbatamente notare all’on. Berlusconi che i Fini e i Casini della sua santa alleanza sono professionisti
della politica, ergo nullafacenti presunti, esattamente come Rutelli?

Al posto dei giornalisti, io inviterei a intervistare Berlusconi una casalinga, un operaio (vero), uno
studente, un piccolo imprenditore, e la volta successiva un ingegnere, una ragazza madre, un

infermiere, il sindaco di un comune sotto i 5000 abitanti, e così vis. Se zittisce loro, zittisce il popolo
videns che vota.

Non lo farebbe mai, nel nome del sondaggio. Mi consenta: col cavolo!