1996 gennaio 23 Cambiarla per difenderla

1996 gennaio 23 – Cambiarla per difenderla

L’avvocato Mauro Ferri, ex socialdemocratico di lungo corso, oggi Presidente della Corte Costituzionale,
sembra molto preoccupato dei «furori iconoclasti oggi di moda». Tradotto, significa che chiedere la
profonda revisione della Carta costituzionale del 1948 – magari in senso federalista e, solo in subordine,
presidenzialista – equivarrebbe a delegittimarla. Lo ha sostenuto ieri facendo il bilancio annuale della
Consulta. I conservatori della Prima Repubblica si sprecano. Anche se lo Stato fa acqua, hanno il terrore
di riformarlo. Guai a mettere mano alla burocrazia, al centralismo, alle finte Regioni, ai Comuni ridotti
a gabellieri dei ministeri romani. Conservano perché ignorano l’innovazione, manca loro la cultura del
cambiamento, stanno sempre in retroguardia rispetto alla società che corre, mai di avanguardia. I
conservatori fanno da vestali della Costituzione repubblicana, senza accorgersi così di tradirla nello
spirito e nella lettera! Con tutto il rispetto per l’opinione del Presidente della Corte Costituzionale,
l’articolo 1 della Carta del ‘48 chiarisce che «la sovranità appartiene al popolo». Se il popolo decide di
ristrutturare la Costituzione che si è dato mezzo secolo fa, lo può fare in piena legittimità. Altro che furori
iconoclasti, l’art. 139 precisa un unico confine: «La forma repubblicana non può essere oggetto di
revisione costituzionale». Tutto il resto sì, e la stessa Costituzione indica come. Le costituzioni sono
frutto dei popoli, per definizione mutabili con la storia dei popoli e degli Stati. Aggiornare la nostra non
significa prenderla a calci, ma riconoscere che – su un impianto molto buono per diritti sociali e civili –
la sua struttura istituzionale non fa più per noi. Oggi attenta alla Costituzione chi la vuole così come sta
o incipriata di qualche marginale ritocco. Il riformismo costituzionale, pur radicalmente federalista, ne
tutela al contrario la credibilità e la stessa ispirazione unitaria, «la Repubblica una e indivisibile» dell’art.
5. Senza saperlo, i conservatori lavorano per la tomba del federalismo, cioè il secessionismo. Oggi al
22,1% al Nord, domani chissà.

23 gennaio 1996