1995 novembre 5 Non diamo lezioni, ma non fateci prediche

1995 novembre 5 – Non diamo lezioni, ma non fateci prediche

In molti ci chiedono: a che cosa mira il «Gazzettino» con la campagna sul Nordest? Non è difficile
rispondere: a favorire con ogni mezzo la crescita di un’opinione pubblica riformista. Noi ci proviamo.
La precarietà della politica è sotto gli occhi di tutti. A Roma governano i tecnici, a Nordest i parlamentari
sono quasi sempre all’inseguimento della società, mai in avanscoperta. La politica aspetta se stessa, non
è ancora pronta e dunque manca al suo fondamentale ruolo di mediazione degli interessi: tanti interessi
particolari, un solo interesse nazionale e/o europeo. Ci provano altri: i sindaci, gli imprenditori, questo
fantastico puzzle socioeconomico che è il Nordest. Forte perché frammentato, debole per la stessa
ragione; giustamente geloso delle identità ma finalmente consapevole che – superato un certo limite
virtuoso – la polverizzazione esige l’integrazione. Qualcuno la chiama lobby, altri sintesi o sinergia, altri
ancora patto, ma per dire la stessa cosa: quest’area può far molto per se stessa e, se ci riuscirà, ne trarrà
vantaggio l’intero Paese. Non vengano a raccontare balle sull’egoismo del Nordest, Il «miracolo veneto»
è stato il capitalismo sociale, i capannoni che spuntavano come i campanili, le imprese grandi come un
nucleo familiare, l’artigiano che diventa industriale. E il «miracolo friulano» del dopo-terremoto
dimostrò come si usa il denaro pubblico con efficienza e onestà. Questi sono fatti. Di grazia, da quali
aree il Nordest dovrebbe andare a lezione di altruismo? Non facciamo ridere. Forse pochi ricordano che,
in mezzo alle mille contraddizioni del nostro tempo e della nostra economia, il Nordest vanta cifre record
nel volontariato, nella cultura dei trapianti d’organo, nella donazione delle cornee o del sangue, nella
solidarietà verso la ex-Jugoslavia. Per un delitto Maso ci sono mille gesti senza prima pagina ma
portentosi e, soprattutto, più rappresentativi della realtà. Al Nordest non passa nemmeno per la testa di
dare lezione a chicchessia e tuttavia respinge le prediche ipocrite di chi gli rinfaccia di pensare ai soldi e
basta. Il problema non è etico ma politico; è civile prima che economico; riguarda il costume più che il
fatturato, non una parte politica, bensì l’intero ceto politico e le Istituzioni mirando a cambiare ciò che
non si può più conservare. Questo movimento ha un unico obbligo: la concretezza.

5 novembre 1995