1995 gennaio 22 L’Italia che si sta dividendo
1995 gennaio 22 -L’Italia che si sta dividendo
Per  un  paio  d’anni  s’era  detto  che  magistrati  e  giornalisti  occupavano  troppo  la  scena,  squilibrando  i
rispettivi poteri. A grande richiesta, si attendeva il ritorno della politica, prima pietra di ogni democrazia,
da  Platone  ad  oggi.  Qualcosa  non  ha  funzionato  a  dovere.  Con  il  ritiro  di  Di  Pietro,  Mani  Pulite  ha
segnalato la fine di una stagione giudiziaria, ma il resto continua a farsi attendere invano. Se la politica
cerca il duello rusticano, l’informazione corre a ruota. In questi giorni l’esercizio nel quale si distinguono
giornali e televisioni è di sputtanarsi reciprocamente: e nessuno al mondo sa farlo meglio di noi italiani.
Con  politica  e  informazione  l’una  speculare  all’altra,  il  cerino  acceso  è  passato  all’economia.  Mai,
nemmeno ai  tempi  di Ciampi,  l’Italia ha avuto  tanto di  bisogno di  uomini che sappiano fare i  conti e
ragionare  sui  problemi  concreti.  Una  testa  d’uovo  della  finanza  occupa  Palazzo  Chigi,  dove  Dini  ha
portato con sé uno stuolo di tecnici. Anche le voci migliori emergono dall’economia, come accaduto ieri
con Fazio. Più la politica s’intossica, più la Banca d’Italia assume un ruolo di stimolo e di garanzia. A
rischio di passare per un elemento eversivo, Fazio ha invocato “una linea di razionalità” e ha raccontato
come  stanno  le  cose,  concludendo  che  il  futuro  dipenderà  soltanto  da  noi.  Ma  è  ancora  possibile  la
razionalità  quando  la  politica  si  riduce  a  braccio  di  ferro,  vendetta,  cultura  del  nemico,  accumulo  di
potere, disinformazione di massa? Noi insistiamo nel credere che si può tuttora e, semmai, che l’appello
alla razionalità dovrebbe funzionare il doppio con le forze che si richiamano al moderatismo. Quando i
moderati si sono inventati estremisti, l’Italia ha pagato conti storici… Sarà proprio questo il tema numero
uno della campagna elettorale che verrà, qualunque sia la data. Il primo Berlusconi gravitò al centro la
Destra, con un’operazione benemerita che rimetteva in pista una forza emarginata; il secondo Berlusconi
è stato calamitato da Fini, snaturando il Centro. Il Centro democristiano è scomparso per sempre, come
ha ben presto intuito anche la Chiesa. Pur nel baccano e disordinatamente, l’Italia si sta separando con
chiarezza:  l’Italia  conservatrice  e  moderata  da  una  parte,  l’Italia  liberal  e  laburista  dall’altra.  Hanno
dignità  e  titolo  entrambe.  Se  ne  mancasse  una  solo,  dovremmo  inventarcela  per  far  funzionare  la
democrazia attraverso il ricambio. Senza il ricambio, saremmo destinati prestissimo al bis della prima
Repubblica. Se il Centro non esiste più come forza onnivora, esiste più che mai come tendenza e meta
per governare. Di Berlusconi se intende fermare la sua deriva a Destra; della Sinistra quando deciderà di
inventarsi un programma, un leader, un’immagine, una storia che riparta dal suo meglio ideale non dal
suo residuo ideologico. In attesa della Politica maiuscola, consegnamoci alla tregua dell’economia. 
22 gennaio 1995