1995 gennaio 15 Il partito preso, ma dalla ragione
1995 gennaio 15 – Perché bisogna schierarsi di Aldo Tognana
Caro Direttore,
ho letto il Suo editoriale di domenica 8 gennaio dal titolo “Ma il Gazzettino con chi sta?” e mi sento
in  dovere  di  fare  alcune  chiose  al  Suo  scritto.  In  politica  non  è  sufficiente  produrre  cronaca,  ma
occorre esprimere la propria opinione, dare giudizi. 
Se  è  messa  in  pericolo  la  nostra  democrazia,  se  le  decisioni  del  Capo  dello  Stato  sono  definite
imbrogli,  se  si  propongono  nuovi  assetti  costituzionali  solo  per  mantenere  il  potere,  occorre
intervenire, spiegare, “schierarsi”, essere “o di qua o di là”, perché il lettore è anche un elettore. 
Montanelli,  Mieli,  Scalfari,  Feltri  e  poi  Cavallari,  Bocca,  Vertone,  Galli  della  Loggia  e  tanti  altri
esprimono giudizi chiari e spiegano i motivi della loro presa di posizione. Con ciò possiamo dire che
hanno scelto uno schieramento e quindi non sono credibili? 
Sicuramente criticabili dagli uni o dagli altri perché, per fortuna, siamo in democrazia e le opinioni
possono essere diverse e contrarie, però descrivono la politica non come un fatto di cronaca ma come
arte di governare uno Stato, di dirigere la vita pubblica nella quale noi tutti siamo coinvolti in quanto
partecipi di questa vita comune. 
Ho troppo nella memoria il periodo fascista, le folle oceaniche, i cannoni preferiti al burro, l’invito
all’odio, la propaganda martellante, per non temere la potenza della televisione, le menzogne che, a
forza  di  ripeterle,  sembrano  verità,  i  metodi  quasi  scientifici  per  portare  ove  si  vuole  l’opinione
pubblica. 
Perché allora non educare alla politica, con moderazione ma con determinazione, quando si hanno
delle certezze? Non è forse questa una missione per chi ha la possibilità di esprimere le proprie idee
sulla carta stampata a milioni di persone ed è convinto della propria verità? 
Nel  Suo  editoriale,  rispondendo  a  Ferrara,  afferma  che  l’indipendenza  non  è  virtù  da  sepolcri
imbiancati. Aggiungerei: l’indipendenza quando non è indifferenza. Indifferente fu la scelta del 27
marzo per chi non valutò i pericoli di un polo che mirava al potere senza porsi la domanda se, con
mentalità così diverse, si poteva fare politica e mantenere a lungo il Governo del Paese. 
Lei afferma, che quella di Berlusconi fu “la risposta più forte ed efficiente”. La cronaca disse così ma
la  politica  lo  smentì  (per  lasciare  in  panchina  Amato  e  Ciampi  che  l’arte  di  governare  avevano
dimostrato  di  averla  imparata).  Con  un  po’  di  coraggio  e  lungimiranza,  senza  seguire  la  moda  del
momento, il Gazzettino poteva scoprire sin da allora, questa verità che non ha saputo di conseguenza,
poi  rilevare.  Fu  giudice  non  sempre  imparziale  verso  la  vecchia  classe  politica,  favorì  (con
discrezione) la Lega prima, il Polo delle Libertà poi senza mettere subito in evidenza i pericoli di un
Governo in mano a dilettanti della politica. Mi sembra quindi lecita e pertinente la domanda della
lettrice: “ma il Gazzettino con chi sta?” Non è troppo facile rispondere: “con i valori liberali senza
fondotinta,  per  tenere  a  bada  l’inganno”.  L’inganno  lo  abbiamo  già  subito,  caro  Direttore,  e  non
abbiamo saputo preannunciarlo e prevenirlo!. 
Cordialmente suo
Aldo Tognana
1995 gennaio 15 – Il partito preso, ma della ragione
Caro Ingegnere,
il terzo punto del programma Dini riguarda l’”uso dei mezzi di comunicazione”. Perché la cosiddetta
“par  condicio”  invocata  da  Scalfaro  è  diventata  tanto  importante?  Perché  l’informazione  tratta  “il
lettore come un elettore”. 
Il male consiste esattamente in ciò che Lei invoca come il bene? Noi due non saremo mai d’accordo.
E’  sbagliato  che  il  giornalista  non  si  distingua  in  nulla  dal  politico  e  che  la  fazione  si  camuffi  da
notizia. Esiste un abisso tra opinioni (anche impietose) e schieramento (a priori). 
In  questi  anni,  ho  sempre  preso  posizione.  Semmai  con  troppa  chiarezza,  facendomi  a  turno
etichettare secondo schemi di parte. 
Non ci siamo mai chiesti se serviva o a chi la nostra presa di posizione: ma era ciò che pensavamo.
Per quel che mi riguarda, è proprio una questione tecnica. Non so scrivere quello che non penso e
pensare quello che non scrivo. 
Una notte, in consiglio comunale a Venezia, un politico che stimavo – l’on. Dc Costante Degan –
esclamò che la mia linea era “vergognosa”. Mi imputava l’incitamento che davo a Bruno Visentini,
leader storico del Pri, nel tentare una giunta sganciata totalmente dai partiti, con gli assessori scelti
per competenza. Ciò che fa ora Dini.  
Il tentativo di Visentini fallì. Ed io, in quel frangente, mi feci fama di “repubblicano”. Gli schieramenti
hanno sempre bisogno di metterti il marchio. 
Caro  ingegner  Tognana,  oggi  con  Berlusconi  siamo  messi  così.  Due  schieramenti:  per  l’uno,
Berlusconi è un capomafia, un Craxi bis, il peggio del Novecento italiano; per l’altro , è l’uomo della
Provvidenza, il papà che giura l’innocenza sui figli, l’unico che fa l’interesse del Paese. 
Se intende intrupparmi, mi spiace molto deluderla ma non ci sto. Amo le battaglie ideali, non le guerre
di religione. E tra gli ideali, inseguo una certa idea dell’informazione. 
Martedì  scorso,  nel  presentare  la  nuova  veste  grafica,  il  prestigiosissimo  “Le  Monde”  ha  scritto
nell’editoriale del direttore: “Vogliamo un giornale indipendente. Le Monde non ha altra linea che
questa: il partito preso della ragione”. 
Ogni giorno il “New York Time”, la voce liberal più ascoltata del mondo, prevede due pagine così
concepite: 1) editoriali non firmati che fanno la linea del giornale 2) la posta dei lettori 3) editoriali
firmati da 12 giornalisti del comitato editoriale che riflettono la diversità di opinioni sui fatti. 
Nel  suo  piccolo,  ciascuno  di  noi  ha  un  sogno  da  coltivare.  Il  mio  è  questa  libertà  di  giudizio,  già
tremenda di per sé, contro le parole d’ordine e i giudizi di dio. 
E se qualcuno equivoca sul tuo impegno? Rispondo con le parole del fondatore di questo giornale. Il
20 marzo del 1887, Gianpiero Talamini scriveva: “ Ma infine, ci si chiederà, che cosa siete voi? Siete
monarchici, siete repubblicani, siete socialisti? Se combattere le ingiustizie vecchie e nuove vuol dire
essere  socialisti,  ebbene,  ci  si  dica  pure  socialisti.  Ora,  in  tal  caso,  la  maggioranza  dei  cittadini
inclinerà per lo meno a ritenerci uomini onesti”. 
Molto cordialmente
Giorgio Lago