1995 febbraio 5 Prodi e la quercia
1995 febbraio 5 – Prodi e la Quercia
Un leader, i  programmi,  l’uscita da Botteghe Oscure:  da tempo consideriamo  questa la sola ricetta in
grado di costruire rapidamente il centro-sinistra, là dove la Sinistra oggi non esiste. Intervistato da «La
Stampa»,  ieri  il  filosofo  Norberto  Bobbio  ha  subordinato  la  nascita  di  una  Sinistra  elettoralmente
competitiva a una  condizione  «indiscutibile». Quale?  «Un partito  unito che vada  al  di  là del  Pds. Un
partito che in Italia ancora non c’è». Bene, con Bobbio siamo in buonissima compagnia, anche perché il
filosofo  ha  concesso  «pochi  mesi»  di  tempo  per  il  successo  dell’operazione.  Il  centro-destra  ha  già
dimostrato di saper accelerare. Chi si ferma è dunque perduto, rischiando di restare all’opposizione per
altri  vent’anni.  Oggi  le  distinzioni  sono  doverose.  Bertinotti  e  il  quotidiano  «Il  Manifesto»  sono
coerentemente  comunisti;  D’Alema  e  «L’Unità»  non  più.  E  tuttavia  il  Pds  non  riesce  ancora  ad
accreditare  la  risposta  socialdemocratica,  cioè  liberale  e  socialista,  tale  da  dissolvere  i  tabù  del  ceto
medio, unica vera «classe totale» come gli studiosi hanno spiegato da un pezzo. La Quercia ha troppe
radici, fa pensare a qualcosa che perdura; si dice saldo come una quercia per elogiare la resistenza fisica
di una persona. La Sinistra ha bisogno dell’esatto contrario, semmai di essere un giunco, flessibile per
alleggerimento  di  storia.  Meno  radici,  più  futuro.  O  sarà  così  o  non  vedrà  la  luce.  Oppure,  per  non
trascurare nessuna ipotesi, conserverà l’egemonia di Botteghe Oscure con il risultato di perpetuarsi come
opposizione, mai come alternativa di governo. Parlamentare progressista e allievo di Bobbio, Gianfranco
Pasquino  ha  avvertito  in  un  volumetto  pubblicato  proprio  in  questi  giorni  che  «tutti  i  paesi  hanno
l’opposizione che si meritano». In un Paese normale, il crollo della Dc avrebbe portato il Pds al governo,
ma l’Italia ha conosciuto per 40 anni un’opposizione anormale. Nella prima fase, delegittimata da Mosca;
nella seconda, consociata a Roma: prima l’appartenenza internazionalista, poi la penetrazione di potere,
l’hanno  o  totalmente  esclusa  (per  ideologia)  o  ambiguamente  associata  (per  pratica  politica).  In
definitiva, anche quando il Pci ha generato il Pds, gli italiani hanno colto la continuità più che la novità.
Se Prodi sarà il leader dei Progressisti così come stanno, lo attendono amare delusioni; se sarà l’uomo di
un centro-sinistra inventato di sana pianta, la partita con Berlusconi e Fini potrà essere giocata. Si vince
o si perde, ma si gioca. Stiamo inesorabilmente diventando adulti. Dopo la democrazia bloccata e prima
della democrazia truccata, forse arriva con l’imminente voto la possibilità di scegliere chi, come e perché.
Vi pare poco? 
5 febbraio 1995