1993 aprile 6 Rosy, la marcia in più

1993 aprile 6 – Rosy, la marcia in più

L’accusa di “cospirazione” lanciata dalla Dc contro il resto del mondo non regge. Ma, una volta
formulata, era lecito attendersi che fosse sostenuta con coerenza.
Invece, quel documento-esposto inviato alla Procura di Roma è già figlio di nessuno. Il suo
presentatore on. Gerardo Bianco, capogruppo dc alla Camera, si vede costretto a mettere i puntini
sulle I: “Ho telefonato a Martinazzoli che ha voluto vedere il testo, lo ha cambiato e ha dato il via
libera”. Come dire, non fate i furbi, tentando di far passare per scomposta un’iniziativa che la
segreteria conosceva a menadito.
Lo strabismo di questa Dc lascia di stucco. Guarda al fronte giudiziario, dove non ha alcun titolo per
intervenire se non rispettando lo stesso codice dei comuni mortali. E perde di vista la questione che
deciderà il destino di un grande partito popolare: quando, con chi e come inventarsi un futuro politico.
L’unica ad aver capito tutto e alla svelta è Rosy Bindi, che dimostra due marce in più rispetto a
Martinazzoli e alla congrega di piazza del Gesù. La Bindi come Giovanni Bianchi, presidente
nazionale delle Acli, si è resa benissimo conto che in una democrazia stressata i tempi di reazione
della politica diventano decisivi quanto la bontà delle idee. La Balena bianca è in secca, non la si può
più rimorchiare.
Non è un caso che la Bindi, partendo dal Veneto, rappresenti oramai un riferimento nazionale. Qui si
giocano partite in anticipo, soprattutto l’intuizione del nuovo.
La Lega c’è, esiste, nessuno sta più a domandarsi se sarà capace di trasformare la protesta in proposta.
A questo punto, la Lega è soggetto politico a pieno titolo, con il quale scontrarsi o accordarsi senza
pregiudizi.
Ripartono da zero tutte le regole del consenso e della selezione dei ceti dirigenti: ciò vale per il centro
come per la sinistra. Quest’ultima in ritardo persino rispetto alla Dc!
Se Rosy Bindi tiene botta, la svolta sarà autentica, non un’operazione di plastica facciale. La ragione
è terra terra: per contare sull’adesione tanto della base cattolica quanto dei popolari di Segni, non
basterà più che il nuovo partito immaginato dalla Bindi scarichi tutti gli inquisiti e un po’ di passato
remoto della Dc. No, non basta: dovrà sconfessare, emarginare o lasciare per sempre a casa un’intera
gerarchia di potere.
La rivoluzione, appunto.