1993 aprile 4 Qualche appunto

1993 aprile 4 – Qualche appunto

E’plausibile la “cospirazione” contro la Dc di Andreotti, Gava e Misasi da parte di pentiti vendicativi
e di magistrati accecati dal fumo della persecuzione?
Conosciamo personalmente Bruno Sicari, da sei mesi superprocuratore nazionale antimafia (Dna).
Non getta parole al vento, rifugge il protagonismo, ha molta esperienza e sa quel che dice. La sua
risposta è: “Al momento non ci sono elementi che avvalorino una vendetta dei boss”.
Ma noi ribadiamo, oggi come ieri, che soprattutto nella palude di Cosa Nostra tutto va accertato al di
là di ogni sospetto. Molto meglio un Andreotti in ipotesi colpevole ma che andasse assolto per
vaghezza probatoria che un Andreotti innocente che finisse condannato per forzatura accusatoria. Da
Tortora a Andreotti, la superiorità dello Stato di diritto consiste anche nel dubitare di sé.
Vero che il pentito ha necessità di riscontri. Altrettanto vero che interessa poco sapere se a muovere
il pentito sia la vendetta o la resa: il fine può giustificare i mezzi, a patto che lo Stato pieghi tanto il
primo quanto i secondi all’accertamento della verità.
Negli Stati Uniti, dove di lotta alla mafia ne sanno qualcosa più di noi…Al Capone e tanti come lui
furono incastrati per evasione fiscale proprio perché la prova dei crimini risultò sempre
eccezionalmente ardua. La mafia non è le tangenti; magari le comprende, come voce di bilancio, ma
è fenomeno nemmeno parente. Ha tutta un’altra storia, molto più complicata e micidiale, che Falcone
e Borsellino avevano più di chiunque altro svelato ben oltre il livello dei picciotti. Di questa specialità
sono morti.
Restiamo a qualche appunto. Dalla Chiesa era spiato e in “solitudine” nella Prefettura. Una telefonata
avvertì gli attentatori non appena Falcone atterrò a Palermo con un volo coperto, protetto dai servizi
segreti. Borsellino fu fatto saltare in aria dopo avergli intercettato la telefonata alla madre. Una talpa
in questura indicò la fine di Cassarà e Montana. Ex-capo della mobile e uomo del Sisde (servizi segreti
civili), Contrada ora è in carcere per mafia. E oggi la magistratura comincia a stanare i giudici collusi.
Fiumi di denaro sporco sono provati. Provato è il controllo di centinaia di migliaia di voti mafiosi o
camorristici. Se questi sono i dati, lo Stato ha il diritto/dovere di formalizzare ciò che non aveva mai
avuto il coraggio di mettere agli atti.
Finora Giulio Andreotti era stato il più bel muro di gomma della Repubblica, avendo sempre liquidato
le accuse più velenose con un ghigno o un epigramma. L’avviso di garanzia della Procura di Palermo
non ha effetto retroattivo sui suoi 40 anni di potere; piuttosto, gli consentirà di confrontarsi –per la
prima volta a viso aperto – con quel demone di Mefistofele che a furor di popolo gli viene attribuito.
Andreotti non dovrebbe farsi difendere dalla Dc, che oggi gli offre una tutela pelosa. Anche perché,
e questa è storia d’Italia, le sole “cospirazioni” fino ad oggi accertate sono sempre partite proprio da
chi gestiva i poteri.