1992 marzo 15 Le Pen in Francia, la protesta in Italia…Quali risposte?

1992 marzo 15 – Le Pen in Francia, la protesta in Italia…Quali risposte?

Oggi la Francia vota per le regionali, a 15 giorni dalle politiche in Italia. Che cosa c’entrano le une
con le altre? Nulla, anche se ‘ frequente il vizietto di paragonare l’imparagonabile. Si può fare un
ragionamento comune soltanto su un aspetto: il modo di affrontare la protesta. In questo, i partiti
francesi e italiani sono fratelli siamesi, nel senso che stanno sbagliando tutto.
In Francia cresce il Fronte Nazionale di Jean Marie Le Pen. I sondaggi gli attribuiscono un portentoso
15%, mentre nessuno esclude un suo exploit alle presidenziali del 1995.
Le analisi del voto a Le Pen indicano una base operaia, cattolica, metropolitana e medio borghese,
che si miscela nel rifiuto dello schema istituzionale e nella contestazione sulla qualità della vita. Non
li soddisfa nemmeno la bassissima inflazione o il buon bilancio dello Stato: i cavalli di battaglia sono
il degrado delle periferie, i tre milioni di disoccupati, l’insicurezza, l’urbanizzazione selvaggia,
l’immigrazione.
Quale è stata la reazione del potere reale? Gli insulti: razzismo, nazismo, demagogia, qualunquismo,
antisemitismo, immoralità politica, decomposizione dello Stato, notte fonda dei lumi e della ragione
cioè dell’anima stessa della cultura francese. Con l’aggiunta di un’ammucchiata generale contro il
pericolo Le Pen, così da politicizzare al massimo il voto di oggi.
Mentre assistono al crepuscolo delle ideologie, i partiti vi si aggrappano per sfuggire alla protesta,
così provocando il boomerang di un’ulteriore insofferenza di massa. Se ne è reso conto l’ex primo
ministro socialista Michel Rocard dichiarando mercoledì scorso a Nanterre: “La sola battaglia seria
contro Le Pen è la politica della città, il prenderci carico di tutti gli emarginati della nostra società”.
L’ideologia separava, ottenebrava ma funzionava anche da grande mamma; sovente, era l’unica cifra,
il metro, il senso. Perdutala, ci si può sentire terribilmente soli, egoisti cioè consegnati a noi stessi:
non potendo più chiedere verità, esigiamo almeno risposte. I servizi hanno preso il posto dei valori; i
miti cedono ai bisogni.
Immaginare di curare il malessere impartendo lezioni o bacchettate è un errore, che sa di muffa e non
porta da nessuna parte. Un’altra incognita francese è non a caso il voto ecologista, proprio perché il
61% dei verdi dichiara di non sentirsi né di destra né di sinistra tant’è vero che, di fronte a due
schieramenti possibili, un terzo punta al grande centro un terzo a sinistra. Piaccia o no, le democrazie
di fine millennio rimettono in discussione tutto il linguaggio politico.
A maggior ragione tutto ciò vale per l’Italia che oggi destina al massimo dei problemi il minimo della
fiducia. Non si smonta la protesta con le prediche alle tribune elettorali; la scommessa è sugli uomini
tenacemente impegnati a dare soluzioni di governo alle molte cose che non vanno.