1992 luglio 16 Turbato, ma non in lacrime

1992 luglio 16

Turbato, ma non in lacrime, anzi molto dignitoso, il presidente della Giunta del Veneto Franco
Cremonese si è così rivolto nei giorni scorsi ai giudici veneziani che lo interrogavano: “Voi sapete
che mi avete distrutto moralmente e politicamente”.
Un pubblico ministero altrettanto rispettosamente gli risponde:” Guardi che io, come tanti altri
magistrati, ho a suo tempo rischiato la pelle nelle indagini sul terrorismo. E lo facevamo per
difendere questo stesso sistema democratico”. Nei drammatici faccia a faccia del carcere, possono
dileguarsi all’improvviso i riti e le doppiezze, per lasciare posto agli uomini in carne ed ossa.
Nessun sistema può sostenersi sulle sentenze dei giudici, ma nessun vero cambiamento è pensabile
senza il contributo di una rigorosa magistratura. Giudici, fra l’altro, che incontrano molte difficoltà,
dato che le nuove penali succedute al vecchio codice Rocco vivono una fase per così dire fluida,
interpretativa, discrezionale, esposta a interventi legislativi e a una giurisprudenza in formazione.
Ai giudici, soprattutto veneziani, si imputa di inseguire il teorema colpevolista della spartizione
degli appalti sporchi. Anche al giudice Falcone rivolgevano l’accusa di badare troppo al teorema
della cupola di mafia; la sua eliminazione provò tragicamente un indefesso lavoro investigativo.
Restando a noi, in tutt’altro scenario, non di teorema a tavolino sembra trattarsi. Piuttosto di
connessioni progressive, intercettazione su intercettazione, interrogatorio su interrogatorio,
documento su documento, tangente su tangente, anello su anello, nello sforzo graduale di
individuare i destinatari e/o la destinazione finale dei flussi occulti.
Proprio il caso-Padova è la dimostrazione della inconsistenza delle accuse mosse in questa fase ai
giudici. Interrogato in carcere a Venezia, un costruttore imputato per gli appalti della bretella
autostradale ha finito con il confessare prima e sostenere in confronto poi l’avvenuta spartizione di
tangenti sullo stadio di Padova. Non dunque una pista preventiva, ma un evolversi che segnala la
metastasi del sistema.
Anche a Padova, come a Venezia o Milano, le responsabilità penali andranno ovviamente verificate,
ma i politici dovranno prima o poi spiegarci perché mai – nei loro giudizi – costruttori fino a ieri
affidabili, cointeressati e omogenei, anche politicamente, siano diventati all’improvviso inaffidabili
come testimoni d’accusa.