1988 giugno 19 Ma chi fa questa Venezia?

1988 giugno 19 – Ma chi fa questa Venezia?
Un filosofo e un politico ex’68 hanno convenuto che Venezia è «possibile» e che la si dovrà realizzare
in fretta. Ma chi fa questa Venezia? Massimo Cacciari e Gianni De Michelis hanno un’idea di Venezia,
non ancora un chi, come, quando. «Bisogna ancorarsi ai fatti – predica Luigi Zanda che presiede il
Consorzio creato per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna – e i fatti hanno la testa dura».
E’ importante. Da sinistra Cacciari fa strage di luoghi comuni della cultura di sinistra. La città-museo
rappresenta una vera e propria strategia, purchè il museo significhi produzione di cultura, non mera
esposizione. La conservazione diventa reazionaria se paralizza la trasformazione. La difesa
dell’ambiente non va intesa in senso naturalistico: anzi, l’uomo ci deve mettere le mani, come sempre
accaduto a Venezia, la città più costruita del mondo, dove anche la terra è stata costruita dall’uomo.
E poi. Venezia non ha bisogno di promozione turistica, denaro letteralmente buttato, perché Venezia si
auto promuove da sola: l’unico problema resta quello di organizzare i flussi, il senso del turismo. Fare
di Venezia una grande comunità tecnologico-scientifica non vuol dire ospitare qualche sperduto ente di
ricerca, e invece darle un ruolo «capitale» fra cultura e innovazione, memoria e flessibilità nel tempo in
cui, dietro l’angolo, le idee, le informazioni, le concentrazioni di capitale umano saranno la merce più
pregiata da scambiare nel XXI° secolo.
Ora, nonostante opinioni anche divergenti sulla presunta Expo o sul fu Arsenale, mai la riflessione su
Venezia sembra così poco ideologica , settaria, decadente come questa. Forse perché contestuale a
momenti di grande concretezza. Il Consorzio di Zanda ha per la prima volta reso noto un calendario
preciso degli interventi. Giovedì prossimo De Mita presiederà a Palazzo Chigi il Comitatone, massimo
organismo di indirizzo e di scelta. Vice-presidente del Consiglio e veneziano, de Michelis ha ricevuto
da De Mita quasi una delega operativa, ad accelerare l’azione di Governo sulla città.
Un momento dunque speciale quanto la Legge. Ma è impensabile che qualsiasi idea di Venezia, della
laguna, di Marghera, di Mestre, di tutto un habitat contradditorio e da governare più sistematicamente
che altrove, possa tradursi in decisioni e opere se il ceto politico resterà barricato sui due centimetri di
fondali o sui saccopelisti; se i meccanismi amministrativi risulteranno più degradati del degrado che
intendono curare; se la frantumazione delle competenze bloccherà qualunque idea di città capitale, cioè
di una Venezia viva e produttiva ma nel solo senso indicato da una economia del futuro. Se insomma la
scena continuerà a prevalere con il suo sfavillante senso di morte sulla capacità di reagire.
Il vero horror vacui di Venezia è oggi il terrore del vuoto politico. Ed è anche l’unico vuoto che
bisogna riempire di iniziativa e di contenuto. Per quanto brillanti, le idee non bastano più.

giugno 1988