1986 gennaio 19 Gorbacev, ne vale la pena

1986 gennaio 19 – Gorbacev, ne vale la pena

Hanno fatto i conti alla storia: dal 3500 avanti Cristo ad oggi ci sono stati soltanto 292 anni senza
guerre; dal 1945 al 1983 ben 105 guerre, che hanno coinvolto 66 Paesi con un bilancio di 21 milioni
di morti. La guerra non è una paura, ma una realtà da quando si fonda sul nucleare, è diventata un
incubo.
Sentire che Gorbacev progetta di inaugurare il terzo millennio buttando nella pattumiera l’intero
arsenale di missili non può che far scoppiare una irresistibile speranza e/o illusione. Vedere che
Reagan sta, senza tante diffidenze propagandistiche inseguendo come ha osservato il francese Le
Monde, “il sogno della sua morale di puritano”, irrobustisce in tutti noi il pregiudizio favorevole.
Nella conta delle guerre di ieri e delle micidiali testate di oggi è davvero un’impresa immaginare la
pace ma – al di là delle strategie e dei blocchi – la voglia di distensione che si respira oggi nel mondo
nasce anche da una novità per così dire personale: Mikhail Gorbacev.
Perché è giovane, perché sorride, sia pure “con denti di ferro” come osservò un commentatore. Perché
i suoi predecessori Andropov e Cernienko non esistevano, erano lugubri caricature di burocrazia e di
morte annunciata. Perché ha l‘aria del manager, perché ha viaggiato in auto in Italia, Francia,
Inghilterra. Perché Mosca ha detto: “Dobbiamo cambiare politica e ideologia”.
Perché ha una bella moglie che ama la letteratura occidentale, parla l’inglese e indossa stivaletti
bianchi definiti “audaci”. Perché a Londra preferì alla visita alla tomba di Marx una capatina da
Cartier a Bond Street dove regalò alla sua Raisa orecchini da 1500 dollari che un funzionario del Kgb
si affrettò a pagare con la carta di credito dell’American Express.
Forse è puerile guardare all’uomo dentro il leader della società più monolitica apparsa al mondo;
forse è ingenuo pensare che l‘apparato abbia partorito al Cremlino un mezzo liberal; forse è il terrore
della Bomba che ci fa dipendere da un sorriso, un orecchino o un tocco di managerismo.
Forse; ma vale la pena di rischiare.