1985 Febbraio 11 Che partita! 8 gol a Udine…e domenica Verona-Inter

1985 Febbraio 11 – Che partita! 8 gol a Udine…e domenica Verona-Inter

Che bello tornare a casa! Mi è saltata addosso questa sensazione rivedendo dopo tanto tempo lo stadio
del Friuli, l’Udinese delle nostre rabbie e delle nostre bevute, il Verona che sembra giocare con
Euclide e Pitagora a centrocampo. E poi ritrovare il football in una domenica di carnevale, con i gol
che scivolano sul pantano come bolle di coriandoli.
Ad essere tatticamente puristi, otto gol sono troppi, segno che le difese mostravano di tanto in tanto
“sbreghi” larghi così. Ma quando il 3-0 del Verona diventa 3-3 dell’Udinese e, di colpo, 5-3 per il
Verona, allora il calcio si fa teatro, scombina le emozioni, illude, deprime, beffeggia, non sai più se
sia suggestivo come le cose effimere o effimero come ogni suggestione.
A volte di una partita come Udinese-Verona potresti scrivere un libro oppure limitarti al solito
risultato: 5-3 il resto è voce. Durante le tempeste di gol dell’inizio del primo e del secondo tempo, ho
visto sindaci, prefetti, industriali e questori baciarsi o cadere prostrati. Le piccole cose possono
trasformarsi in tonfi al cuore e del resto Pablo Neruda riuscì a scrivere una lunga magnifica poesia
sulla cipolla. Nella vita qual è il confine tra il grande e i piccolo?
Del Verona non mi stupisce più nulla; assieme alla Juve è da quattro anni la squadra più compatta
d’Italia. Vale lo scudetto perché sa fare entrambe le cose che contano, elaborare la manovra o
scarnificarla in contro piede. Nel primo caso gioca a sciame senza i macabri effetti di Dario Argento.
Cresce, cambia muta, ma un pizzico di “brancaleone” se lo porta sempre addosso. Quando il Verona
l‘ha attaccata, aveva l’aria di una squadra violentata, alla mercè, stanca di difendersi ancor prima di
subire. Eppure sapevamo tutti che non era l’Udinese vera, definitiva; lo sapeva soprattutto il pubblico
friulano, che più lo conosco e più lo stimo, perché anche sul 3-0 non volava un fischio, un insulto,
anzi, qualche flebile batter di mani, un ultimo tam-tam di speranza.
L’Udinese ha sepolta in sé una tradizione di veemenza, non di geometria, ed è soltanto con quella che
ha fato il 3-3 mentre Zico era tutto raggomitolato dentro la lana nera e dentro quattro mesi di tormenti
muscolari.
Sul 3-3 sarebbe servito frenare, pensare, umilmente chiudersi, ma questa non è una tradizione
dell’Udinese, anche quest’anno trenta gol presi, la peggior difesa del campionato.
Lo scudetto del Veneto ha attraversato il Friuli? Il Verona non è uno scherzo di carnevale. E oramai
gioca senza maschera.