1981 Gennaio 8 Rossi: “Maradona lancia come Rivera”

1981 Gennaio 8 – Rossi: “Maradona Lancia come Rivera”

ONARA_ Sotto un cielo liscio come il cristallo, luci gialle indorano la facciata di Villa Giusti. Nel
salire i gradini, ti prende il sospetto che all’uscio verrà ad accoglierti il maggiordomo. Ma il sangue
blu emigra come le belle ville venete e, dietro la vetrata dell’ingresso, appare una nuova araldica, lo
stemma del Padova Calcio, un rosso fiammante e allegro in campo bianco, con una scritta di buon
auspicio: 1981, l’anno della C1.
La villa che fu dei conti Giusti Del Giardino appartiene a oggi ad Antonino Pilotto, presidente del
Padova, e a un suo amico. Pilotto vi ha invitato un sacco di amici, ai quali ha servito una Befana di
aragoste, crosta rossa e polpa bianca, come lo stemma del suo Padova che da un anno e mezzo buono
sta cercando di mordere almeno la Ci, almeno la stessa quotazione di Treviso, Trieste, Trento.
Pur del tutto diversi in molte cose e pur contrapposti a suon di pacchetti azionari, almeno in questo
Pilotto e… Farina si assomigliano. La villa di Onara il primo, la di Palù il secondo, le feste, il Padova,
il Vicenza, il calcio imbandito una volta all’anno sotto soffitti a lungo stagionati e davanti a caminetti
che un fil di fumo non lo fanno scappare perché costruiti in tempi in cui il fuoco era vita non
ornamento.
C’era anche Paolo Rossi, unico vero fido in castelletto della Spa Vicenza, pupillo personale di Giussy
Farina, e anche in tale presenza s’infilava tra mosti, spaghetti e bracieri il fantasma di cinque anni di
tormentato sodalizio tra Vicenza e Padova, un rapporto giunto oramai agli ultimi fuochi.
Ma non c’è festa che tenga se alla televisione gioca la Nazionale e se il centravanti della Nazionale si
ritrova in cravatta a Onara soltanto perchè lo hanno incastrato tra i bari del calcio-scommesse: si
accende il televisore, si guarda, Rossi, Giancarlo Salvi, Curzio Lecante, Sergio e Carlo Bon, la
combriccola di Vicenza, dei buoni ospitali caffè scuri per mandar giù la ocnstatazione di ritrovarsi ocn
Rossi nel posto sbagliato. Il posto giusto, il suo era laggù a Montevideo, sullo stesso prato dei
Maradona, Rumenige, Tonino Cereso, Peters, Paz.
“Maradona – dice Paolo Rossi – tocca il pallone con una dolcezza straordinaria. Quando lancia gli
alti, mi ricorda Rivera”.
– Stimi molto l’Argentina.
“Si, ma ti dico una cosa: al Mondiale dell’82 in Spagna sarà protagonista il Brasile. Come giocano
quelli! Hanno rifatto più di mezza squadra: quando ingraneranno e avranno Zico, vedrai”.
– Si parla con davanti agli occhi le immagini di Italia-Olanda, definita la “partita delle scarpe vuote”.
Ma il gol di Ancelotti è un colpo di frusta.
“Ancelotti – dice Rossi – può giocare in più ruoli. E’ bravo e altruista”.
-Ora, gli dico, nella tua maglia sta correndo Pruzzo.
“ Di testa è molto forte” è la risposta, che dice tutto. E subito, illuminandosi Rossi aggiunge: “Il più
strepitoso saltatore di testa che io conosca è Passarella! E’ impressionante come va su”.
Rossi vide Passarella prendere quei portentosi ascensori al Mundial ’78 e con il Resto del Mondo nel
’79. Certo – Osservo io – all’Italia è mancato uno stopper come Colllovati…
“Soprattutto perché – fa Rossi – Gentile non ha più potuto sganciarsi in avanti. E’ importante
l’appoggio di Gentile”.
La televisione mostra un assolo, per la verità inutile, di Graziani. Interviene Giancarlo Salvi, ex

regista del Vicenza: “Io lo capisco Pulici, quando si lamenta, nel Torino. Graziani ha qualità, ma è un
egoista”.
Poi Salvi si rivolge a Rossi: “Non ti pare che il nostro Guidetti di tre anni fa avrebbe fatto meglio di
Marini a centrocampo?”.
“No, non sono d’accordo. Marini serve molto”, ribatte secco Paolo Rossi. Il suo sguardo è tutto dentro
il colore della tv: noi, nella stanza, siamo telespettatori; lui no. Lui è un esiliato: con la Nazionale sul
video, vorrebbe soltanto tacere. O imprecare.

Giorgio Lago