1980 maggio 19 Ma non è finita!

1980 maggio 19 – Ma non è finita!

È difficile valutare una sentenza senza conoscerne la motivazione. Si rischia di
camminare al buio, ignorando fatti fino in fondo noti soltanto ai giudici. Restano gli
indizi e, a dire il vero, pare che gli stessi giudici della commissione disciplinare
abbiano fatto largo uso degli indizi.
Che il Milan sia sbattuto in fondo alla classifica, nella certezza della serie B, non
stupisce nessuno. Il Milan è il caso tipico dello scandalo, il più provato perché reo
confesso attraverso l’ammissione data in carcere dal suo presidente. Era tanto
inevitabile la retrocessione del Milan che il suo legale aveva capito benissimo come
gli restasse soltanto la possibilità di evitare il processo. Il Milan non diceva d’essere
innocente: chiedeva i tempi lunghissimi sperando nella sanatoria e nel logoramento.
La penalizzazione da scontare nel prossimo campionato, vedi soprattutto il caso
dell’Avellino, è tale da sconcertare. Il reato è stato commesso durante questo
campionato; è adesso che bisogna pagare proprio perché le squadre «terze interessate»
(in questo caso Udinese e Pescara o altri) non hanno alcun «interesse» a veder
applicate le pene in una stagione che non le riguarda.
Se di «interesse» si tratta, la sentenza lo contraddice, soprattutto se si tiene conto che
l’Avellino è atteso questa settimana da un altro pesante processo per altre partite:
sarebbe davvero grottesco che, per eventuale somma di penalizzazioni, l’Avellino
risultasse matematicamente in B ma riuscisse a restare in serie A, sia pure ad
handicap-avvenire.
Tutto ciò per dire che non è ancora finita. Non è finita in tutti i sensi. Perché altri
processi sono all’ordine del giorno. Perché sono previsti giudizi d’appello. E, anche,
perché la prima sentenza non ha l’aria di essere definitiva. Si presta a farsi modellare:
apre molti spiragli sia alle squadre che ai giocatori. E, beninteso, gli spiragli non sono
necessariamente positivi, potendo anche darsi il caso di un irrigidimento delle pene o,
perlomeno, di un’applicazione più tempestiva d’esse. Tanto per essere chiari, alla
stagione 1980-81 non alla successiva.
Se c’è stato margine persino a derubricare una radiazione in una squalifica di un anno
e mezzo, come toccato a Giordano, diventa probabile che il dossier possieda tuttora
una forte carica di opinabilità.
Il caso-Rossi è a dir poco imbarazzante. Non c’è un documento, una registrazione, una
prova che lo inchiodi: c’è soltanto la versione di un personaggio da prendere con le
pinze, in una cornice dove le contraddizioni non si sono contate.
Se Rossi ha preso i soldi e truccato la sua professionalità, non si vede come tre anni
possano bastare a punirlo. Se non li ha presi e non ha barato, come giustificare tre
anni di inattività per un campione classe 1956?
L’interrogativo è più che legittimo; la cosiddetta gradualità delle pene nasconde il
disagio di fondo di fronte a un caso difficile e a indizi forse inquinati. Non occorre
certo andare molto distanti per imbattersi in clamorosi retromarcia giudiziari, da
Pietro Valpreda a Toni Negri.
Qui, molto più pacificamente e modestamente, di solo football si sta argomentando.
ma gli errori sono sempre possibili: le motivazioni delle prima sentenza e l’appello
dovranno convincere che errore non è stato.
Convincere è parola divina.