1980 giugno 14 Potremmo essere grandi a sprazzi

1980 giugno 14 – Potremmo essere grandi (a sprazzi)

Dall’inviato
MILANO – L’altro giorno hanno fatto un referendum tra giornalisti.
Chi vince gli europei? L’80 per cento ha risposto Italia (il sottoscritto ha detto
Olanda). E adesso? Adesso il 95 per cento aveva naturalmente previsto che con
«questa» squadra non si può che far schifo. Sfido io che Bearzot finisce con alò
sospettare: «Indicandoci quali favoriti, – ha ghignato – la responsabilità sarà tutta
mia. È il Ct l’unico coglione».
Risiamo alla malattia infantile dell’estremismo. Metti poi che, domenica a Torino,
la stessa Nazionale o quasi riesca come hanno fatto i belgi a mediocrizzare
Keegan e a eccitare almeno una volta il cross-gol per Bettega&Graziani, e sarà di
colpo un concerto di violini che nemmeno la filarmonica di Berlino.
Calma e gesso. La Nazionale non è grande; lo può diventare a spezzoni per
l’accensione di indubbie risorse di classe (Bettega, Causio, Antognoni). É una
squadra a partecipazione straordinaria; quando concorre con l’Oscar, lo fa al
massimo quale attrice non protagonista. Può inventare qualunque risultato, ma
nessuno lo sa prima. Ci sono giocatori, quali Antognoni e Causio, per i quali
Bearzot fa testa o croce prima delle partite: può essere che inventino tutto e può
essere che si facciano gregari. Al Mundial ’78 la cosa funzionò meglio del
previsto perché, in un clima senza languori, aumentò la dose di classe, con Rossi.
Il calcio è anche molto logico.
Le coppe europee liquidano i club italiani con i metodi spicci dei buttafuori. La
Nazionale, pur quarta in Argentina, non è un ufo, esce dagli stessi club, è figlia di
precoci eliminazioni, non di exploit.
Dati alla mano, lo sfondo si presenta così. La stessa Juve (i 2-3 della Nazionale di
Bearzot) ha lambito quest’anno la zona-retrocessione, con un paio di mesi senza
mai vincere in campionato! Si è poi ripresa egregiamente con Bettega goleador
dell’80, ma il bilancio medio resta ombroso, di alti e bassi. Aggiungete lo
spappolamento psicologico dello scandalo. Come potesse questa Nazionale
vincere in carrozza gli Europei resta tenebroso mistero, a meno che non ci si affidi
a donazioni arbitral-organizzative, delle quali non ci sarà semmai da menar vanto.
Ciò non significa sostenere che lo 0-0 con la Spagna è una bella notizia. Vuol
soltanto ribadire che i melodrammatici stupori sono fuori della realtà. É uno 0-0
come gli altri già visti, innocente, (perché sudatissimo), colpevole (perché mai
giocato). Alla fine gli spagnoli si sono abbracciati come la ciurma di Cristoforo
Colombo alla scoperta del nuovo mondo, quando mi attendevo piuttosto
bestemmie basche per lo spreco di un agevole 1-0.
La partita è stata tossica, afosa. Dopo aver dettato il servizio con la solita maledetta
concitazione delle notturne, sono sceso giù sul piazzale. Al riparo di inferriate e
moschetti, i giocatori stavano salendo sul pullman quando ho incrociato gli sguardi
di Bottega e Collovati. Ai telespettatori forse non parrà vero, ma vi assicuro che
Bettega avrà perso non meno di tre chili secchi e che gli occhi di Collovati
sembravano prosciugati.
Anche se gli umidi ricci dello stopper e la sua trasognata espressione facevano
visibilmente scendere gli slip ad una sua vaporosa fan trattenuta dai Carabinieri,
Collovati era sincero nel dire: «Eravamo molto tesi e, nonostante il risultato,
abbiamo fatto molta fatica, anche per l’afa». Lo sentivo sincero eppure non sono
riuscito a evitare in quel momento un malizioso ricordo, di quando Massimo
Giacomini mi confidò che un giorno, per quanto giovane bravo e stimato dal

tecnico, lo stopper gli confessò: «Mister, questo mestiere è troppo faticoso, altri
due-tre anni e smetto».
L’Europeo è lungo e molliccio di clima; non è il caldo che stronca, ma l’umidità.
Chi va in finale deve reggere quattro partite in dodici giorni: non pochi e in ogni
caso è la prima volta che accade da quando esistono gli Europei, passati attraverso
varie formule. Anche per questo il dispendioso 0-0 con la Spagna inquieta.
Germania, Olanda e Inghilterra hanno speso meno.
Il centrocampo italiano era dissociato. O perde palla (Tardelli) o rallenta (Causio)
o non viene alimentato dalle sovrapposizioni (Cabrini, Scirea). Proprio quando si
fatica molto, è utile liberarsi alla svelta del pallone e farlo correre. Ma accade il
contrario. E chi perde palla, se ne fotte di andarla a riconquistare o a chiudere in
emergenza.
Graziani non è Rossi, lo sanno anche i sassi, per nulla scoppiò una mezza guerra
civile per far giocare Pablito in Argentina. Ma come e quando, siamo sinceri, sono
stati serviti Bettega e Graziani? Un lancio vero, uno di numero, da Antognoni a
Gentile. Cross autentici non se ne vedono. Perciò è la solita Nazionale a mosca
cieca, che non si sa mai cosa ti può combinare, nel bene e nel male. Tant’è che,
alla stregua di tedeschi e inglesi all’esordio, la speranza sta tutta nell’eccentrico,
nel gesto che non t’aspetti, un fantastico palleggio brasileiro alla Hansi Müller o
un altro delizioso pallonetto alla Wilkins.
Per quel che s’è visto, rinuncerei a Cabrini a favore di Baresi. Toglierei Causio,
allargherei Tardelli all’ala destra, che s’allunghi e vada a crossare. In mezzo, al
posto di Tardelli, un giovane di primo pelo, … Romeo Benetti! Che almeno
ringhierà sui ritorni di KKK, King Kevin Keegan.
Temo tuttavia che il Ct non dia retta. Italia-Inghilterra si gioca a Torino, terra di
Causio e dei suoi pirandelliani umori. Non so se Bearzot saprà rinunciarvi.
L’Inghilterra è da battere, se si vuole la finale. A meo che questo non si riveli un
Europeo di pareggini, che selezionerà i valori con il malinconico rito delle
differenze-reti, del numero dei gol fatti o, addirittura, del sorteggio.
Altolà, non arricciamo il naso. Da dodici anni celebriamo la gloria europea del
1968, ma quella finale l’Italia l’ottenne con una monetina ben lanciata a Napoli ai
danni dell’URSS, dopo uno 0-0 sul campo.
A testa e croce siamo fortissimi.