1977 novembre 28 È tornato il Real Lanerossi dei tempi andati
1977  novembre  28  –  E’  tornato  il  Real  Lanerossi  dei  tempi
andati 
Sette gol e un rigore parato da Galli! Sembrava di essere a Città
del Messico, per Italia-Germania di tanti anni fa. Se Bearzot aveva
intenzione  di  dare  una  traduzione  al  “calcio  nuovo”  che  il  Ct
vagheggia  da  mesi,  doveva  venire  a  Vicenza  più  che  andare  a
Torino, la televisione aveva le telecamere allo stadio Menti e non
ha  sbagliato:  Vicenza-Roma  è  stata  veramente
il  campo
“principale”. E non soltanto per i gol, ma per un gusto del vincere
che nel secondo tempo ha toccato toni da baldoria goleadoristica.
Per  comodità  del  lettore  ho  descritto  a  parte  la  meccanica  delle
reti.  A  guardare
i  dettagli  qualcuno  potrebbe  storcere
legittimamente il naso e concludere che, sotto sotto, almeno tre gol
su sette (i primi due della Roma e l’ultimo del Lanerossi) trovano le
difese obbligate a recitare mea culpa. Tuttavia, ci andrei piano nel
mettere in croce i difensori dato che è stato proprio il tipo di partita
a far saltare per aria tutte le normali cautele del calcio all’italiana.
Si sono viste cose tatticamente da marziani. Il Vicenza che vince
con  uno  o  due  (!)  gol  di  scarto  e  che  purtuttavia  continua  ad
attaccare. Il libero Carrera che non conta più le volte dei suoi raids
d’attacco. La Roma che non molla mai, neppure quando si trova
sul  4-2  a  meno  di  un  quarto  d’ora  dalla  fine.  Si  è  insomma
realizzato  i  campo  un  contagio  insolito  e  spontaneo,  che  ha
scandalizzato  i  burocrati  della  marcatura  e  esaltato  l’istinto
spettacolare del pubblico.
La premessa vale soprattutto per il Lanerossi, squadra alla quale
non si può chiedere di segnare e di chiudersi immediatamente in
bunker.  A  Vicenza,  tale  sparagnina  fisarmonica  i  giocatori  non
riescono  ad  eseguirla  mai  per  un  cumulo  di  ragioni.  Il  gusto
estetizzante  di  Gibi  Fabbri,  l’allergia  di  giocatori  come  Rossi  e
Carrera, la propensione di Cerilli al calcio giocato, il retroterra di un
campionato  di  B  sempre  tirato  da  protagonisti,  la  condizione
psicofisica che consente aperture negate a chi il fiato è obbligato a
centellinare.
Tirate tutte le somme, il Lanerossi ’77 concede un solo omaggio
alla  copertura:  Filippi  che,  contrariamente  all’11  sulla  maglia,  si
muove in realtà da tampone arretrato, su chicchessia si avventi a
rete. Filippi è il giocatore più provinciale e paesano, ma è anche un
miracolo di moltiplicazione dei piedi.  
Contro il Lanerossi tanto disposto a far sempre e comunque gioco,
la Roma non è mai stata in vantaggio. Al massimo ha pareggiato
1-1 e, alla fine, ha sprecato con Di Bartolomei il rigore del possibile
4-4. Voglio dire che la Roma ha pedissequamente fatto partita sul
Lanerossi: dopo il gol altrui, si buttava sotto; ma non era capace di
una autonoma iniziativa. Quest’ultima era tutta del Lanerossi, fra
l’altro  autore  di  tre  gol  da  manuale,  vedi  i  tre  sinistri  di  Cerilli
(lungo,  di  shoot),  di  Faloppa  (di  esterno,  volante)  e  di  Rossi
(raffinato, di piatto). Signori, qui c’è poco di casuale a meno che i
momenti  di  grazia  e  di  fusione  con  la  classe  non  li  vogliamo
dedicare alla fatalità. Per quanto mi riguarda, non ci sto.
E non ci sto nemmeno a sottovalutare la fatica e il rischio fisico di
qualche  giocatore.  Uno  per  tutti,  Paolo  Rossi.  Il  signor  Rossi  è
stato  a  turno  inseguito  da  difensori  in  atteggiamento  di killer;  ha
sofferto tackle malvagi e, un paio di volte, ha rischiato di brutto per
falciate da brocchi ammattiti. L’arbitro ha ammonito chi doveva ma
un espulso ci stava tranquillamente tra i fabbri ferrai di Giagnoni.
Maggiora poi te lo raccomando, a dispetto di una super-squalifica
che l’anno scorso ne punì più che giustamente un proditorio calcio
alle reni di Pulici…
“E  nun  ce  vonno  sta’!”,  e  non  ci  vogliono  stare,  è  un  ritornello
simpaticamente romano, che stavolta va rovesciato perché a non
voler accettare la maggior fantasia degli avversari, era proprio la
Roma.  Non  la  Roma  dei  De  Sisti  e  dei  Santarini,  che  restano
sempre dei “signori”. E nemmeno quella di un Di Bartolomei, la cui
imperturbabilità farebbe invidia a un lord inglese. A dare segni di
una  malagrazia  eccessiva  è  stata  piuttosto  la  Roma  dei  terzini,
quella  “caricata”  da  Giagnoni,  quella  dei  Maggiora  spediti  all’ala
con compiti (iiihhh!) di diga.
E’ veramente grottesco, la Roma ha segnato a Vicenza tre gol (un
terzo del suo totale in campionato!) e si è trovata coinvolta in una
partita  offensivistica  con  una  formazione  da  barricata…,  vedi  il
difensore  Maggiora  all’ala  e  un  Peccenini  senza  avversario  dal
momento che Filippi copre tutte le posizioni fuorché quella di ala.
Soltanto a un quarto d’ora dalla fine, Giagnoni si è sbarazzato di
Peccenini  per  servirsi  dell’attaccante  Casaroli  e,  manco  a  farlo
apposta, il 14 è andato subito in gol.
Tutto sacrosanto alla fine. Il Lanerossi ha rischiato di pareggiare
soltanto  per  un  eccesso  di  confidenza  mentre  la  Roma  non  ha
potuto,  di  solo  nerbo,  ovviare  al  forcing  avversario.  Vicenza  non 
finisce di stupire. Dopo l’ingaggio di Cerilli-Guidetti è tornato il Real
Lanerossi dei tempi andati. Che bellezza.