1967 febbraio 14-19 Cappellini uomo-coppa?

1967 febbraio 14-19 (Supersport)

Cappellini uomo-coppa?

migliore! ».

Santiago Bernabeu: « Il “grande” Real è indimenticabile, ma credo che il futuro sarà ancora

Angelo Moratti: « Per una serie di motivi tecnici e psicologici, credo che per noi non esista al

mondo un avversario più difficile del Real ».

Marto Corso: « Non perde mai! ».
Francisco Gento: « L’Inter ha una paura folle di noi! ».
Mai tanta incertezza, mai tanta cautela, mai tanto silenzio per un quarto di finale che vale una
Coppa. I Maghi tacciono. Quando parlano, Herrera e Muñoz, usano toni da educande sassoni. Ma
che cosa sta succedendo? Ricordate le furiose sparate dello scorso anno? Basta, finito, chiuso. Io
credo che questo attendismo esasperato, questo silenzio caramelloso abbia un nome: ansia, paura.
Per il Real e per l’Inter. Per Muñoz e per Helenio Herrera. Nessuno vuole rischiare: la bagarre
scoppierà soltanto quando si saranno conclusi i primi novanta minuti di gioco. Quelli di San Siro.
L’anno scorso Herrera aveva voluto l’inversione dei campi. Aveva fatto scelte tattiche (Bedin

« 11 » a Madrid) ferocemente discusse. Aveva perduto scontando colpe di sottovalutazione che
erano di « ambiente » più che « personali ». L’Inter, la squadra, i giocatori, l’entourage, era convinta
che il Real difficile fosse morto a Vienna. Lo aveva umiliato e stra-battuto. Con quella vittoria
l’Inter aveva praticamente messo in pensione giocatori come Di Stefano, Puskas, Santamaria.
L’Inter, quando, l’anno scorso, conobbe il sorteggio… Real, non tremò. Il Real favoloso, l’unico del
quale si temesse sul serio l’esistenza, era morto a Vienna: poteva, nel giro di pochi mesi, esser nato,
cresciuto, un « nuovo », un altro Real? E se anche fosse stato possibile tutto ciò, avrebbe potuto il
nuovo Real essere grande, difficile per l’Inter? Questo è il punto: nessuno all’Inter era in condizioni
psicologiche tali da poter rispondere affermativamente alla domanda. Chi apertamente, chi
inconsciamente, tutti in fondo erano convinti che il sorteggio fosse stato prestigioso ma non
drammatico. Neppure dopo l’uno a zero di Pirri a Madrid, nemmeno allora l’Inter ebbe paura sul
serio. Forse Herrera, solo lui, fu turbato, ma non riuscì ad arginare il pericolo della sottovalutazione.
L’Inter fu eliminata in un silenzio d’angoscia. Lo choc fu debilitante. Il Real morto era resuscitato.
La supremazia europea si dileguava.

La situazione è radicalmente mutata in questa edizione di Coppa. Il Real ha un anno in più. E’
Campione d’Europa. Non è più « sorpresa ». Quello dei titolari è praticamente imbattuto in
campionato. L’Inter non lo può sottovalutare. Lo può soltanto temere. Se chiedi a Herrera: « Era
meglio giocare prima a Madrid? », il Mago respinge la domanda con una smorfia di disgusto. Non
ne vuol nemmeno parlare. Come non ha aperto bocca su date e inversioni possibili, a poche ore dal
gong non dice nulla della tattica. Con Tagnin su Di Stefano imperversò a Vienna; con Bedin « 11 »
sofferse a Madrid. Avrà una terza mossa, magari vincente? Nessuno lo sa. Può essere che, dopo
aver visto Facchetti scivolare sabato come un principiante su Danova (Amancio), stia pensando di
mandare in campo Burgnich su Amancio (Danova). Qualsiasi mossa tattica è ancora possibile,
perchè Herrera il « complesso » del Real se lo porterà fino in fondo, fino all’ultimo minuto di San
Siro, fino a Madrid. E’ questo che teme Moratti: uno stato d’animo. Sia Herrera che Suarez, in
presenza del Real, si caricano oltre misura. Si responsabilizzano « morbosamente ». Per Herrera e
Suarez, una sconfitta con il Real non è una sconfitta e basta. Gloria e milioni perduti: non è solo
questo. E’ qualcosa di più, di personale, di « spagnolo » che se ne va. C’entrano i ricordi, il

Barcellona, le polemiche sanguinose, il prestigio. Il pericolo maggiore dell’Inter è che proprio i due
cervelli (in panchina e in campo) non possano contare sulla freddezza e sulla lucidità abituali. E’
una questione di temperatura. Proprio per questo, in una partita piena di ricorsi e di confronti tra
personaggi che si conoscono alla perfezione, l’uomo-Coppa di Moratti potrebbe essere proprio il
baby della situazione: Renato Cappellini. Sei gol in tre partite di Campionato. Ma di Coppa, di
qualsiasi Coppa, che ne può sapere? Vienna per lui significa ancora valzer e Madrid sta per
flamengo e corride! Il suo vantaggio su tutti sta proprio in questo.