1999 Una lezione della Chiesa al pollaio del Nordest

1999 – Una lezione della Chiesa al pollaio del Nordest

Prendi su e porta a casa. Mentre il Nordest si masturba da anni sull’urgenza di “ceto politico”, la
Chiesa del Nordest ha preso carta e penna sostituendosi al partito che non c’è. Lo ha fatto alla
grande, da vero ceto dirigente, persino con piglio laico e utilizzando fino in fondo l’arte della
comunicazione. I cattolici sono oggi meno del 25% della società, ma la voce della Chiesa vale
almeno il doppio.
I settimanali diocesani sono una forza capillare: trecentomila copie distribuite nelle diocesi del
Nordest, in pratica l’equivalente di un grande quotidiano nazionale. Dando una lezione con i fiocchi
al frazionatissimo pollaio nordestino, tutte le testate venete, friulane, trentine, giuliane, hanno
impaginato lo stesso problema, approfondito lo stesso tema, adottato la stessa linea politica,
addirittura con un identico articolo di fondo. Altro che teatrino nostrano!
Così si “ comunica”, così si fa notizia, così si accendono le riflessioni di massa, così le riforme
diventano patrimonio popolare, così le apparentemente elitarie istituzioni si trasformano in pane
quotidiano. E la gente, anche la più disamorata, astensionista, perplessa e confusa, si rende conto
che il federalismo non è come i baci Perugina, incartati di belle frasi, ma un bisogno. Uno strappo
indispensabile da uno Stato che si rifiuta di scommettere sulle enormi potenzialità di governo delle
autonomie.
Gli imprenditori del Nordest si sono imboscati per un piatto di lenticchie governative, barattando
riforme con incentivi? Bene, tornano alla carica i preti. Normalizzati gli imprenditori, affaticati
anche se non arresi i sindaci, è importante che il testimone del federalismo non rimanga mai a terra,
orfano di opinione pubblica. Negli anni ’50, la Chiesa dogmatica scomunicò il comunismo; a
ridosso del Duemila, la Chiesa solidale scomunica il centralismo. Sta di fatto che, in particolare a
Nordest, la Chiesa si trova sempre dalla parte politicamente giusta. Per il credente, funziona da
bussola; per il laico, da agenzia etica della società. Il resto è spazzatura laicista.
Il formidabile spot federalista della Chiesa del Nordest va oltre il bipolarismo, perché la politica ( p
minuscola) di governo e la Politica ( p maiuscola) delle regole non sono la stessa cosa. Non tocca al
D’ Alema di turno innovare una Costituzione; questo è compito di un intero ceto politico.
Diciamocelo tra noi, lettori: ma non crederete per davvero che il fallimento della giustizia, la totale
non gestione dell’immigrazione, il degrado della sicurezza, il più cospicuo “sommerso” d’ Europa, il
crescente disagio di Regioni e Comuni, soltanto per restare ai temi in prima pagina in questi giorni,
siano tutte emergenze addebitabili alla “complessità” del momento e della “transizione”!
La verità è che “questo” Stato non ce la fa, divorerebbe alla fine anche un buon ceto politico,
figuriamoci quello prodotto da una schizofrenica ristrutturazione dei partiti.
Il manifesto federalista ribadito dalla Chiesa del Nordest sbugiarda questa illusione. Svuotare lo
Stato burocratico, significa anche salvarlo e portarlo in Europa: semmai, è grottesco che il
federalismo non parta dal Sud visto che il Sud, più dello stesso Nord, ha necessità – vita o morte –
di modernizzare la politica e di responsabilizzarsi. Vedi Salvemini, Don Sturzo…
A volte, sembrano tutti molto preoccupati dal fatto che il federalismo non sarebbe chiaro nei
contenuti. Il suo contenuto, in Italia, è semplicemente questo: ri- fare l’impianto dell’ Unità,
investire sui cittadini, trasformare radicalmente le autonomie locali: domani prime pietre, oggi
terminali minimi della gerarchia del potere.
Accettata questa premessa molto realistica e molto utilitaristica, i “contenuti” saranno alla fine
frutto di una sensata intesa politica ( Parlamento) e popolare (Referendum). Quindi, non facciamo i
furbi, fingendo che il federalismo non passi perché “ non si sa bene che cosa sia”. No, lo sappiamo
benissimo che cos’è e soprattutto, sappiamo a meraviglia che la truffa delle non-riforme ha svilito
fino all’apatia di massa grandi patrimoni di passione civile, di partecipazione politica, di
volontariato. Non fosse per il processo dell’ Euro, gestito da Ciampi con il rigore di un funzionario
di Bruxelles incaricato di commissariare il nostro Paese, la progettualità della politica italiana
toccherebbe oggi il suo minimo storico, da decenni a questa parte.
Si è creato un vuoto scandaloso: né progetti né riforme, sfiducia massima nello Stato e nei partiti.

Come sostiene la Chiesa del Nordest, sbaglia di grosso chi crede di risolvere i problemi
rimuovendoli o, peggio, prendendoli sul serio soltanto per la durata dei febbroni. I guai sono
cocciuti, ritornano sempre a galla, a cominciare proprio dal Nordest che, tra grida e silenzi, tra
speranze e cadute, non smette di chiamare a raccolta i riformisti. Per quanto frustrato, il
“laboratorio” insiste.
Indebolite le voci del parterre, ci voleva forse un pulpito. Le vie del federalismo sono
imperscrutabili.