1999 Ottobre. Calcio e Tv

1999 Ottobre – Calcio & TV: Pallone edificante

Ogni volta torno a sbranarmi le unghie, grazie di cuore. Nel frattempo non è successo nulla.
L’arbitro che lamentava la pressione dei potenti, va in pensione; l’allenatore che aveva denunciato
il doping, è disoccupato; il giocatore che confessa a un settimanale di aver venduto una partita,
resta anonimo.
Ma se incontro uno che di questo si scandalizza, giuro che gli sputo in un occhio. E’ un fatto, non
un’opinione: i giovani cattolici vanno in delirio per il pluri-inquisito Andreotti mentre al latitante
Craxi si guarda come a un esile. Non vedo perché la serie A dovrebbe farsi tanti scrupoli, roba da
dilettanti.
Veniamo alle cose serie. Con questa televisione , cambia il calcio, cambia il costume, cambia tutto.
Il vero hobby non è più la partita, ma la tv, con la quale ti puoi costruire il tuo campionato. Chi va
allo stadio, spende. Chi va in trasferta, non ne parliamo. Chi si compra la partita in tv, spende tra le
25 e le 35 mila lire che non basterebbero per un pedaggio in autostrada; ma i ragazzi risparmiano
anche quelle: loro privatissimo stadio diventa il bar di quartiere, dove ti fai una pizza e incontri
soltanto fanatici della tua stessa squadra. Il massimo della goduria.
E’ un fenomeno appena cominciato che rivoluzionerà il calcio. Sarà sempre più uno spettacolo
cittadino, per residenti: l’Inter a San Siro ha già superato i 50 mila abbonamenti. Il campionato
sarà più sicuro, con meno gente in trasferta, meno treni ad alta gradazione alcolica, meno contatto
fra tifosi contro. Gli attuali nove milioni di spettatori della serie A o caleranno o vedranno mutare
la loro composizione: decide la Tv, dal canone fino al satellite.
Sento un sacco di commentatori temere l’overdose di calcio in tv. E’ la voce dei conservatori, ciò
che corre spaventa, ciò che cambia insidia le abitudini; un mondo vecchio, questo che non sa darsi
pace e, soprattutto, che non vuole sforzarsi di capire . Ammetto anch’io che si corre qualche
rischio nel frammentare lo spettacolo, con partite praticamente ogni giorno tra campionato e
coppe. Ma mi convince un argomento forte come una quercia: finchè in tv c’è sport, non c’è tv
spazzatura, talk show, teatrino, mutandate da impotenti, telefilm fatti con i piedi, vagine parlanti,
giochi da ritardati mentali, tarocchi, tappeti, maghi e pignatte. Lo sport è gesto. Agnelli chiama Del
Piero “Pinturicchio”: non esagera se pensa all’istinto decorativo. Lo sport è gusto; la galleria di
volti, tic, paure, fobie, sogni, furore, dolori , lacrime e felicità di un mondiale di atletica, eguaglia gli
Uffizi. Grandi gallerie umane. Ho ammirato recentemente una meta del Sudafrica, se non ricordo
male. Anche se non capisco niente di Rugby, è come se avessi visto in funzione sul campo una
macchina bellica di Leonardo. Che forza. Più calcio, più sport, più quark, più documentari, più
cinema, più musica, più informazione. Meno spazzatura, meno tv da bidone: anche il pallone può
avere una funzione edificante. E’ una balla che i miliardi rappresentino le campane a morto per lo
sport. Nonostante le follie e le iperboli, nemmeno il denaro riesce ad uccidere la bellezza del gesto
atletico. La grande pittura veneziana era generosamente ingaggiata dai patrizi, e i goleador di
allora si chiamavano Giorgione e Tintoretto, Tiziano e Veronese. Capolavori a pagamento.
Paradossi a parte, rispetto al calcio tradizionale la serie A del 2000 diventa un mondo a sé, come la
formula uno rispetto al go-kart. Così straniera e così interetnica, aiuta a far passare nell’inconscio
dei ragazzi l’idea che la classe e la dedizione non hanno colore della pelle né latitudine o
passaporto. Se vale per il calciatore, deve valere altrettanto per la persona. Sa tanto di business,
ma in coerenza con i tempi. Una banca ha appena emesso certificati obbligazionari pagabili in vino
pregiato, dal magnum di Barbaresco al Merlot cru del 1997. Si va in Borsa con il rosso come con il
gol. Non è più come una volta, quando lo scudetto riguardava un paio di squadre. Adesso lo

possono vincere in sei, forse in sette, ma le più affamate sono Inter e Fiorentina, Roma e Lazio. Gli
assi sono tanti che, in soli tre anni, i diritti televisivi sono schizzati da 200 a 1000 miliardi, più 194
miliardi di commercializzazione dei marchi.
Ho detto marchi, non bandiere, ma non è una tragedia. Queste sono pur sempre bandiere lievi,
che sventolano anche senza vento, per i soli boatos degli stadi, dei barsport e dei solitari di
Telepiù.” Il Bologna è una fede”, si diceva. Noi Veneti non potevamo mancare, stavolta con il
Venezia e con il Verona. Il Venezia nacque in un caffè il Verona in un liceo, ma non fa differenza:
basta vincere, con il coltello tra i denti. Non chiedono altro. Così è se vi pare.