1999 Miracolo al Tour, ciclista dal cancro alla maglia gialla

1999 – Miracolo al Tour, ciclista dal cancro alla maglia gialla

Se dici Armstrong, senti cantare la tromba del jazz eterno; se dici Armstrong, senti anche
camminare il primo uomo sulla luna. Adesso, se dici Lance Armstrong, 28 anni, texano di Austin
che in origine si chiamava Waterloo, sai di dire un’altra cosa ma altrettanto grande, grande come la
musica e come lo spazio, una storia bella perché tocca la vita e la morte, lo sport e la malattia, il
dolore e la vittoria, il cancro di un uomo come tanti e la guarigione di un campione come pochi.
Lance Armstrong è il ciclista che sta dominando in questi giorni il Tour de France, madre di tutte le
corse a tappe, e lo fa in pianura come in salita, contro il cronometro e contro la forza di gravità. Il
giallo della sua maglia di leader se lo porta a spasso come un sole, dopo quasi tre anni di buio pesto.
Come il nostro Cipollini, che vince gli sprint a 70 all’ora, Armstrong ha un fisico scolpito che
sembra portato via direttamente dal Partenone. Ha una pedalata “rotonda”, come direbbero i
sommeliers di certi refosco e cabernet nostrani. Il Texas gli sta meglio di un timbro sulla mascella,
dura sotto sforzo, mite quando racconta della moglie e del bimbo che presto verrà.
Non aveva mai vuto nemmeno un raffreddore, Armstrong.
Poi un giorno, dalla mattina alla sera, un esame clinico gli rivela di avere il cancro a un testicolo.
Il male si è mosso in fretta, gli trovano anche metastasi cerebrali, rendendo necessari tre interventi
chirurgici, a cominciare dall’asportazione del testicolo.
Venti, trent’anni fa, non ci sarebbe stato niente da fare, nemmeno per un atleta come lui. Ora non
più: la chirurgia abbinata alla chemioterapia, che cura con la chimica, ottiene grandi risultati, alla
fine di trattamenti a volte di routine, a volte molto complessi. Lance Armstrong guarisce.
Guarisce l’uomo, ma guarisce anche il campione. Salva la vita, ma tutta la vita, al cento per cento,
nella sua pienezza anche atletica, dopo aver conosciuto per diciotto mesi la paura della morte, la
sofferenza fisica, l’incognita di “effetti collaterali importanti di natura neurologica”come mi spiega
il professor Umberto Tirelli, che milioni di telespettatori ricorderanno per gli inconciliabili faccia a
faccia con il professor Di Bella.
Primario di oncologia medica “AA”, al Centro tumori europeo di Aviano, Tirelli non ha dubbi.
Questo di Armstrong è “un grande messaggio” che, più di cento campagne promozionali del
ministero della Sanità, vince l’ “incredulità”, facendo toccare con mano che il cancro non è “un
male incurabile”, come spesso scriviamo noi cronisti distratti, ma un male spesso curabile.
Basti pensare, oltre al cancro al testicolo, a tanti linfomi, a tante leucemie e al cancro alla
mammella.
Il texano in maglia gialla fa sfilare sulle strade di Francia molto di più di una speranza: una realtà
ogni giorno tra noi. Nella sola Italia, ogni anno trentamila donne scoprono di avere un tumore al
seno: la chirurgia e la chemioterapia riducono la mortalità del trenta per cento.
Purtroppo, non è ancora così per il cancro al polmone, causato soprattutto dal fumo.
Ha avuto coraggio, Lance Armstrong, e il coraggio non consiste soltanto nella voglia di vivere e nel
rifiuto di morire ma, soprattutto, nel farsi curare anche quando le cure sono molto “impegnative”,
per dirla come il professor Tirelli. Ieri, sulla salita che portava al Sestrière, l’ho guardato bene
mentre tagliava il traguardo: ha sollevato le braccia e alzato uno sguardo discreto verso il cielo,
come un cenno d’intesa, tra lui e la vita.
Lance Armstrong, il texano, ha reso la vittoria umana fino all’inesprimibile. Un fascio di muscoli e
di parabole.