1999 Agosto 1 Venezia di Carolyn

1999 Agosto 1 – Venezia di Carolyn

Se dico che Venezia è bella da morire,vedo già la smorfia: bella scoperta.
Se dico che non ci si abitua a Venezia perchè sembra essere la prima volta, qualcuno mi correggerà:
non è la sola.
E’ già stato detto tutto. Del resto, che città è mai questa? Un amico dello scrittore Paolo Barbaro ha
contato 120 isole-non isole e 460/480 ponti: “dipende da come li conti”, sostiene. C’è chi crede che
Venezia galleggi direttamente sull’acqua.
Mario Soldati l’amava d’inverno. Considerava una fortuna che lo accogliesse la pioggia.
E’ una cosa dell’altro mondo, quasi volesse stancarti di bellezza. Venezia è Narciso, pensa Gianni de
Luigi.
Con lui, Carolyn Carlson ha allestito “Parabola”, parabola veneziana forse: “La vita è come le
onde”, crede la Carlson. La sua danza è così, anche le braccia sono onde, e i passi, e il gesto libero è
onda, la sua danza come fonte alternativa di energia. Proprio quel che ci voleva per ridare vita, dopo
25 anni di abbandono, al Teatro Verde, all’Isola di San Giorgio.
Non avevo mai visto questo anfiteatro che ha come palcoscenico Venezia stessa, la laguna, le luci
gialle sullo sfondo, filtrate attraverso i cipressi. Gli esperti lo chiamano teatro di verzura,
nobilmente all’aperto, ma io che al massimo me ne intendo di aria aperta, ho visto soltanto un’altra
Venezia, la millesima scoperta sul milione da svelare.
Per Thomas Mann, Venezia era l’incantesimo, ma fetida la sua laguna. Al Teatro Verde, la laguna
incanta.
Macchè malinconia. Un’aria fluida, la stessa di Carolyn.
Attraversati i chiostri della “Cini”, all’uscita ci aspettava Venezia in gran parata, sull’altra riva del
bacino. Insisto: come la prima volta, a bocca aperta.
Un’oscurità luminosa. Vitale, pare nata ieri.